19 marzo, 2013

Un papa di origini italiane incanta i romani

Papst mit italienischen Wurzeln bezaubert die Römer

di Romina Spina
Pubblicato in Svizzera il 15 marzo 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
L’inaspettata elezione a Papa del cardinale argentino Bergoglio, entusiasma i romani. La scelta del nome e la prima apparizione [in pubblico] del nuovo capo della Chiesa con radici italiane incontrano largo favore.



«Il Papa è qui?», chiede una pensionata, tenendo ben stretta sotto il braccio una copia del quotidiano cattolico «L'Avvenire». Abita nelle vicinanze e ha sentito alla televisione che il neo-eletto pontefice è venuto in visita nella basilica. La sua delusione è grande, quando un venditore ambulante indiano le dice che Papa Francesco ha già lasciato la Basilica di Santa Maria Maggiore, nel centro di Roma.

Meglio non un italiano
Dopo la sua elezione a sorpresa, il nuovo capo della Chiesa si è recato nelle prime ore del mattino al colle Esquilino nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, per pregare di fronte all’immagine "Salus Populi Romani», un'icona di Maria con il bambino, protettrice del popolo romano, considerata la più importante icona mariana a Roma. Il gesto spontaneo di Papa Francesco ha colpito dozzine di romani che avevano atteso invano all'ingresso della Cappella il neoletetto capo della Chiesa. Gli intervistati sulla Piazza della Basilica si dicono entusiasti del nuovo Papa, affascinati dall'aspetto umile del cardinale argentino. "E’ molto alla mano e ha conquistato tutti" dice una studentessa. Le parole semplici e i modi affettuosi con cui il Papa si è mostrato per la prima volta al mondo, l’hanno commossa.
Il fatto che il successore di Benedetto XVI non sia un italiano, non sembra aver deluso nessuno. Alcuni sono dell’opinione che un alto prelato italiano come Angelo Scola, a lungo considerato favorito, sarebbe stata probabilmente la scelta sbagliata. «Il mondo poi avrebbe pensato che gli italiani volevano tornare al potere con qualche escamotage», dice Antonio 45 anni, che gestisce un piccolo negozio lì vicino. Anche Gianmarco è d’accordo che è meglio che i cardinali abbiano eletto un candidato d’oltreoceano. Sicuramente sa ben poco del nuovo papa Francesco anche se il suo calore e umiltà lo hanno positivamente sorpreso. L'informatico pensa che l’argentino potrà dare il via a una nuova fase per la Chiesa del mondo. L'atteggiamento cosmopolita volto ad un cambiamento, probabilmente mancava a un Papa italiano.

Nome fortemente simbolico
Molti degli intervistati romani sono ovviamente contenti che il nuovo Papa abbia radici italiane. La famiglia Bergoglio proviene da un paesino del Piemonte, dove giovedì ha avuto luogo una grande celebrazione in onore di Francesco 1. Per i Romani, la biografia del Pontefice incontra grande rispetto perché, da un lato testimonia la sua esperienza di figlio di una famiglia di immigrati in Argentina, dall’altro il suo successivo impegno al servizio dei poveri e dei malati. Per lui, questa è una prova della sua umanità, dice il 66enne Francesco. Come gli altri intervistati, anche questo pensionato considera il nome del Papa di grande impatto. Non si considera particolarmente devoto, ma il fatto che il massimo capo della Chiesa abbia assunto il nome di San Francesco d'Assisi, lo ha molto commosso, dice.
Anche Alemanno il sindaco di Roma ha espresso apprezzamento per il nome del nuovo Papa. Nell’epoca della globalizzazione, Francesco era il nome giusto per ritrovare i valori perduti. «A Roma si avverte un clima di speranza», Alemanno ha detto in un'intervista. Il Pontefice ha conquistato i cuori dei Romani con poche parole e gesti.
Accanto all’euforia, tuttavia gli intervistati sulla Piazza sono, consapevoli che il 76enne Francesco si assume un compito difficile. Le aspettative sono alte. Molti sono alla ricerca di un nuovo inizio e affrontare finalmente la questione degli scandali in Vaticano. C’è bisogno di trasparenza per ripristinare la fiducia della gente nella leadership della Chiesa cattolica. Non si sa se il nuovo Papa sarà impegnato in questa faccenda. "Probabilmente non dipende da lui. Le sue decisioni non passano certo per la Curia», dice un giovane sacerdote.



Ca' Farsetti Real Estate

Ca’ Farsetti Real Estate

12. März 2013
di Petra Reski
Traduzione di Claudia Marruccelli

Io sono cresciuta nella Ruhr, dove a memoria d’uomo hanno sempre dominato i socialdemocratici, quindi già dall’età di almeno sedici anni avevo ben compreso che non va bene che per decenni resti al potere lo stesso partito.


Fondaco de' Tedeschi in un ritratto dell'epoca
Da bambina le elezioni nella Ruhr per me erano qualcosa come il menù di festa dei pranzi di famiglia. Ricordo che da sempre c’erano un piatto di carni miste e un piatto di verdure miste, e in mezzo un cavolfiore, e sin da allora sono sempre stata governata dall’SPD. Vincevano tutte le elezione, sia quelle regionali, che quelle comunali, e ogni volta festeggiavano come se quelle vittorie fossero delle grandi sorprese. Avevo una vaga idea dell’esistenza di altri partiti, ma non ne ero proprio convinta. Altrove forse, nella Foresta Nera o sul Chiemsee, dove il mondo non era quello delle grandi città, ma un luogo che sembrava fatto di marzapane, era là forse che esistevano gli altri partiti tipo la CDU o simili. Noi avevamo la SPD.
E sin da quando ho raggiunto l’età della ragione mi ha sconcertato la sicurezza di sé dei camerati della SPD - soprattutto quando festeggiavano l’inaugurazione di un cavalcavia, di un nuovo ospedale, di un nuovo municipio, una piscina coperta, mentre io che facevo l’aiuto cameriera a provvigione, percependo il 15% dell’incasso, servivo loro negli auditorium uno spuntino a base di birra e grappa. Quando per la prima volta ho potuto votare, ho scelto il FDP. In segno di protesta. La cosa che mi lasciava perplessa era il fatto che il padre di una mia amica, un medico benestante, anche lui votava FDP, ma non potevo dare il mio consenso alla CDU, perché per una figlia di operai non può votare la CDU, e allora non esistevano ancora i verdi.

Quindi, capisco perfettamente perché sono stati così tanti quelli che hanno votato il Movimento 5 Stelle. Soprattutto se, come me, vivono a Venezia, una delle roccaforti dei democratici di sinistra, che si sono distinti soprattutto per aver svenduto la città. C’è da esultare ancor più, perchè grazie alle 5 Stelle, adesso finalmente verranno fuori anche le faccende del municipio veneziano Ca’' Farsetti (chiamato anche: "Ca’ Farsetti Real Estate), per esempio le esatte circostanze sulla vendita a Benetton del Fondaco dei Tedeschi .
Ieri sera, la città di Venezia ha sancito la vendita a Benetton. Nonostante tutte le proteste. Nonostante anche la piccolezza che la città non ha mai ufficialmente fatto stimare il Fondaco dei Tedeschi che non è di proprietà di un privato, ma di tutti i veneziani. Il valore di una proprietà immobiliare simile a quelli situati nel quartiere di San Marco è valutato tra i 8000 e i 20000 euro al metro quadrato - e il Fondaco è stato venduto per 8000 euro, diventati più tardi 9000 euro - senza calcolare quanto il valore della proprietà sarebbe incrementato in seguito, grazie una firma del sindaco che nel piano regolatore ha trasformato l’area del Fondaco da “area di pubblica utilità” in “area commerciabile”.


Fondaco de' Tedeschi oggi

Perché qui si tratta di un edificio pubblico, che deve essere tutelato da simili compravendite, in modo tale che il pubblico possa utilizzarne ancora una parte anche dopo la sua vendita. La superficie del Fondaco dei Tedeschi che Benetton ha destinato alla pubblica utilità, corrisponde al numero di metri quadri destinati ai servizi igienici pubblici.
L’associazione per la tutela del patrimonio culturale Italia Nostra, varie altre iniziative della società civile veneziana e il Movimento 5 Stelle presenteranno ora denuncia alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti italiana.





13 marzo, 2013

L’uomo che non ride più

Der Mann der das Lachen verging

di Petra Reski– 13 marzo 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Pubblicato in Germania il 4 marzo 2013

In occasione delle elezioni italiane il Movimento “Cinque Stelle” di Beppe Grillo è riuscito ad avere la meglio sull’establishment politico. Nel suo paese l’ex comico viene diffamato dai media con pesanti conseguenze all’estero.



Piano piano stanno impazzendo tutti qui, ho pensato quando ho sentito come veniva citata la mia intervista alla radio, un’intervista che non era neanche ancora uscita.
Un’intervista che avevo fatto a Beppe Grillo, leader del Movimento civico Cinque Stelle, satirico, moralista, ambientalista e anticlericale vincitore delle elezioni politiche in Italia e che non era stata ancora pubblicata. Essendo stato diffamato dalla stampa ufficiale che lo ha definito “populista”, “comico”, “fascista”, “demagogo”, “golpista”, “antisemita”, “razzista” o persino “brigatista, Grillo alla stampa italiana non rilascia più interviste.
Così ci si avventa su tutto ciò che può far notizia. In questo caso sull’annuncio di un’intervista che doveva dimostrare che Grillo è pronto a sostenere una grande coalizione tra il PD, partito di centrosinistra e il PdL di Berlusconi. Una dichiarazione evidentemente falsa che io certo ho smentito prontamente, ma che malgrado ciò in rete fa ancora scalpore e che viene citata in quasi tutti i telegiornali. In questi giorni è in ballo la formazione del governo in Italia, quindi ogni mezzo è lecito.

Perché una settimana fa sono state stravolte tutte le certezze degli ultimi decenni: un movimento senza soldi, né’ televisione, senza giornale, né’ editore, senza banche, sta diventando il più forte partito. Un quarto degli italiani ha votato per il Movimento Cinque Stelle, che prende il nome dai cinque elementi del suo programma di base (acqua, ambiente, trasporti, Internet, sviluppo) – e che è cresciut in rete dietro alle spalle rigide della casta politica italiana.
Da 20 anni, in Italia spadroneggiano politici che scendono a patti con la mafia e che considerano il paese come uno tesoretto privato. Il successo del Movimento Cinque Stelle non è stato quindi inaspettato. Fino a quando il movimento non è sceso in politica, l’esito delle elezioni in Italia dava la stessa emozione di quelle dei tempi di Honecker nella DDR: vinceva [sempre] Berlusconi. E se in via eccezionale non ci riusciva, comprava deputati per poi far crollare il governo subito dopo.

Quando poi Berlusconi riusciva ancora una volta a vincere, i democratici di sinistra brontolavano un po’, ma per poi adattarsi velocemente, con lo sguardo rivolto all’uomo cattivo: accidenti, che cosa possiamo fare contro di lui? La televisione è sua! E anche la principale casa editrice! E la più importante squadra di calcio (è sua)! Cercavano di consolarsi con ciò che avevano, qualche regione, città e banche. Anzi hanno talmente impoverito gli ultimi rimasugli nell’opposizione, che quando sono riusciti a governare per un periodo seppur breve, non hanno avuto il coraggio di emanare una legge sul conflitto di interessi tra il ruolo di primo ministro e il più grande imprenditore dei media del paese. Non si sono neanche dati da fare per emanare una nuova legge elettorale, che ponesse fine all’assurdità di un partito che con solo il 30 per cento dei voti ottiene la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Beppe Grillo non è apparso in alcuna trasmissione televisiva, non è né un miliardario né un dirigente, non aveva nessun editorialista al guinzaglio ed è stato allontanato dalla televisone dall’epurazione voluta da Berlusconi: l’ormai sbiadito leader dei socialisti Bettino Craxi lo bandì, quando Grillo stesso non contento di prendere in giro gli usi e costumi italiani, si mise a criticarne anche la realtà politica e sociale. Da allora ha calcato i più grandi teatri del paese, ha mandato ha fatto piazza pulita dei totem della destra e della sinistra, ha fondato un blog di successo e ha dato voce all’opposizione civile.

Un movimento dal nulla
Dal suo blog Grillo ha lanciato l’idea dei “meet-up”: piccole cellule, che su iniziativa personale scendono in campo contro l’inquinamento, la corruzione, la mafia. Nel 2005, a Torino si è svolto il primo raduno nazionale, di cui quasi nessuno ha dato notizia o comunque nessuno della casta politica italiana e delle testate giornalistiche ad essa asservite: “Il Giornale” e “Libero” sono di Silvio Berlusconi, la “Repubblica” e l’”Espresso” appartengono al finanziere liberale di sinistra Carlo De Benedetti ex presidente della Olivetti e della Fiat, la famiglia Agnelli finanzia il quotidiano la “Stampa” di Torino e il quotidiano economico “Il sole 24 ore” appartiene alla Confindustria.
L’”Unità”, un tempo organo di stampa dell’ex Partito comunista, appartiene a uno degli uomini più ricchi d’Italia, l’imprenditore Renato Soru, ex presidente della regione Sardegna, fondatore della società di telecomunicazioni Tiscali. Quasi tutte le emittenti private sono di proprietà di Berlusconi, la RAI appartiene al governo di turno, nel dubbio quindi anche a Berlusconi stesso. Quindi non deve stupire che il risultato sia una disinformazione sistematica, finanziata tra l’altro con soldi pubblici .Il solo giornale che abbia rinunciato a tali fondi pubblici è “Il Fatto Quotidiano”, giornale fondato da un pugno di giornalisti investigativi.

Quando in occasione del primo Vaffanculo Day del 2007, 50.000 italiani si radunarono per invitare, tramite una petizione, i partiti a revocare il mandato ai parlamentari con precedenti penali, i giornali sprecarono solo un paio di righe su questo fatto insolito. L’editore di “Repubblica” Eugenio Scalfari inorridì e scrisse: «Dietro il Grillismo vedo un disgustoso vendicatore; ci vedo la dittatura”, l’”Espresso” evocava il ricordo di Mussolini. Il “Corriere della Sera” definì Grillo come ”persona brutalmente avida” e la “Stampa” in maniera più moderata: “In un paese normale il V-Day sarebbe stato relegato alle pagine degli spettacoli.”
Quando Grillo nel successivo V-Day chiese nuovamente di abolire i finanziamenti alla stampa, nessuno si trattenne più: il “Giornale” di Berlusconi titolava: “Benito Grillo” e la “Repubblica” esorcizzava la sua caduta: “Grillo è alla fine, non fa più ridere”. Dopo che i primi rappresentanti del Movimento Cinque Stelle furono arruolati nei consigli comunali e regionali, i toni divennero più accesi: “manifestanti anti-globalizzazione e violenti criminali: così Grillo prepara il colpo di stato” scrisse il “Giornale”.

Poco prima delle elezioni, i giornali montarono un vero delirio a cinque stelle che avrebbe potuto far sorridere – se la diffamazione in stile copia-e-incolla non avesse iniziato a diffondersi anche in Germania. Difficilmente un giornale tedesco avrebbe parlato del nuovo fenomeno politico, senza condannarlo come “populista” e “non-politico”. Dal quotidiano “Welt” si apprendeva che Beppe Grillo predicava un “odio sacrosanto per i “parassiti che stavano lassù”, ragion per cui il quotidiano metteva in guardia contro uno “tsunami dei Pagliacci politici”: “Il cinque stelle esiste già dal 2009, il movimento spunta quasi dal nulla.
I suoi seguaci non appartengono solitamente a nessun partito, ma sono in prevalenza cittadini senza esperienza politica, che ora entrano in scena, per cambiare le sorti della società”. Il “Zeit” sapeva: l’”Italia ha commesso un errore”, quando ha votato a favore di Beppe Grillo, l’ “avventato cacciatore di voti”. La “SZ” sapeva già che il movimento voleva sicuramente fare la pulizia, ma non intendeva accettare alcuna responsabilità.

Allora non possiamo prendercela con Peer Steinbrück, che, probabilmente dopo una massiccia dose di stampa si è sentito autorizzato a parlare di due “clown”. Anche l’europarlamentare dell’FDP ed esperto di politica estera Alexander Graf Lambsdorff, constatò: “È difficile riconoscere la saggezza degli elettori in questo risultato” e fu assecondato da FAZ: “Noi tutti vogliamo solo una situazione stabile in Italia e, liberi dopo Schäuble, politici che siano consapevoli delle proprie responsabilità. E se così non è, allora sono solo dei clown”. Sì, la saggezza, la saggezza! Maledizione! A quanto pare esiste solo nelle menti tedesche. Una cosa è certa: il principale perdente di queste elezioni è il giornalismo. In Italia. E in Germania. Questa è l’Europa.

Petra Reski è giornalista e scrittrice. Vive a Venezia dal 1991. Recentemente ha pubblicato ”Von Kamen nach Corleone. Die Mafia in Deutschlans” per la casa editrice Hoffmann & Campe.






07 marzo, 2013

La politica a Roma

Politik in Rom

di Andres Wysling
Puibblicato in Svizzera il 28 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli per il Fatto Quotidiano


"Non possiamo lasciarci sfuggire questa opportunità, ora che l'Italia, dopo tutto questo tempo ha un salvatore ." Il salvatore d'Italia Niccolò Machiavelli lo auspicò nel 1513 nel suo "Principe". Il diplomatico, pensatore, poeta e adulatore scrisse la sua celebre guida all'esercizio del potere dopo aver perso incarico e titolo, dopo essere stato torturato ed esiliato. 500 anni dopo, l'Italia si trova ancora una volta in una crisi politica, economica e morale. Per superare questi ostacoli, il paese non ha bisogno di un salvatore, ma di un governo capace di governare, in grado di dare impulso alle riforme che giacciono in attesa. Ma la situazione post-elettorale è confusa, e a certuni il paese appare ingovernabile.



Entusiasmo rivoluzionario

Una nuova forza è emersa: Beppe Grillo, con il suo Movimento cinque stelle. La star del momento è quest’uomo che microfono alla mano trascina la gente. Ha scatenato uno tsunami di protesta che spazzerà via tutta la classe politica - questo è l’esplicito obiettivo, ed è anche il pubblico desiderio di un quarto di tutti gli elettori. Un vero e proprio entusiasmo rivoluzionario sta dilagando. La forza dei "Grillini" è nella piazza, è qui che sono in grado di mobilitare grandi folle – è qui che riescono a aumentare la pressione sulla politica. Ma in Parlamento sono poco efficaci. Perché non hanno ben chiaro ancora quali sono i loro obiettivi e priorità, e Grillo stesso non siederà nemmeno in Parlamento. Mancano linee guida e orientamenti comuni. Inoltre la base di Grillo rappresenta solo 150 eletti su circa 1000 rappresentanti del popolo, e sono inespert nei meccanismi del potere. I partiti tradizionali faranno di tutto, con ogni sorta di espedienti e lusinghe, o per contrastarli o per coinvolgerli nelle loro trame.
I "Grillini" devono chiedersi fino a che punto vogliono sporcarsi le mani nel pantano della politica. Partecipare a un governo di coalizione? Sostenere un governo di minoranza? Assumersi la responsabilità di ciò e perdere l’innocenza? Non potranno evitare veri e propri accordi politici con le altre forze in Parlamento, se vorranno ottenere qualcosa; un’opposizione a oltranza non porta a nulla. Se sapranno scendere a patti con caparbia e abilità, potranno almeno riuscire ad ottenere una nuova legge elettorale, un parlamento ridotto e un limite temporale alla durata del mandato – e forti di ciò costringere il governo a un radicale rinnovamento del personale politico con nuove elezioni. Tuttavia, Grillo dovrà dimostrare di essere capace di trasformarsi da guerrafondaio e polemico in una personalità di polso e politico, capace non solo di dare ceffoni, ma anche il proprio contributo. Lo scetticismo è d’uopo.
Nel frattempo con grande narcisismo Silvio Berlusconi si fa avanti proponendosi come salvatore d’Italia, ossi colui che salverà l'Italia dalla sinistra e dai "Grillini". In maniera incomprensibile, un terzo degli elettori sembra credere in lui e nelle sue promesse senza fondamento dei tagli fiscali. Sia come primo ministro che come leader dell'opposizione egli ha già sufficientemente dimostrato il suo potere distruttivo. Da lui non ci si possono aspettare contributi significativi alla risoluzione della crisi. Tuttavia, Berlusconi e la sua coalizione posseggono la maggioranza dei seggi al Senato, anche se non si tratta della maggioranza assoluta. E con i suoi canali televisivi è in grado di raccogliere voti contro qualsiasi governo. Gli altri partiti, si danno da fare solo per tenere lontano dal governo questo politico scandaloso e tenere a freno la sua influenza. Il vecchio damerino con il parrucchino e il suo stuolo di amicizie femminili può anche apparire come un clown - ma questo pagliaccio è pericoloso. Perlomeno, la sua coalizione di destra non pare molto salda e potrebbe a breve iniziare a sgretolarsi.
Ne’ un pagliaccio e ne’ un salvatore, ma solo una triste figura è Pierluigi Bersani. E’ lui il vero perdente delle elezioni, anche se con la sua coalizione ha ottenuto il maggior numero di seggi in parlamento. Era sceso in campagna elettorale con ottime possibilità di vittoria secondo i sondaggi, ma alla fine, la sinistra ha battuto la destra solo per una ridottissima distanza; ci è mancato poco che le elezioni finissero con la vittoria di Berlusconi. Bersani a causa di questo scarso risultato appare decisamente indebolito nel suo partito. I malumori interni nei suoi confronti erano già iniziati durante il conteggio dei voti: troppo vecchio e troppo fiacco, un morto che parla, tuona il megafono dei giovani che già durante le primarie non lo hanno sostenuto sperando di potersi sbarazzare di lui al più presto. Forse ancora più triste appare Mario Monti, lo sfortunato candidato speranza dei governi esteri e dei governatori delle banche centrali dei paesi della zona euro. Con i suoi aumenti delle tasse, si è reso impopolare nel paese, ottenendo solo un decimo dei voti. Ora egli è condannato a un’esistenza da emarginato nell’ombra. Ma la sua lista Scelta Civica potrebbe forse ancora servire alla creazione di una maggioranza al governo.

Una nuova generazione

Nessuno delle due principali schieramenti politici in Parlamento è forte abbastanza da governare da solo. Berlusconi fa il giovanotto, ma è vecchio e decaduto. Bersani è già gravemente ferito prima ancora di essere capo del governo. Grillo ha un sacco di seguaci, ma per gli altri non è affidabile ed è imprevedibile. Nessuno può contare realmente sui proprifedelissimi, perché i rapporti di forza possonosubire dei rapidi mutamenti causati da defezioni e cambiamenti di partito. In mezzo a tutte le incertezze, è ancora possibile tuttavia formare un governo. L'attenzione si concentra su uno scenario che vede un governo di minoranza di sinistra, appoggiato dai "Grillini" che stanno a guardare. Una situazione del genere potrebbe alla fine permettere la creazione di un programma minimo che attui riforme innovative; in tal modo qualcosa si potrebbe comunque portare a casa. Altre formule di governo sembrano improbabili: Grillo non vuole entrare in una coalizione vincolante, Bersani non ha intenzione di allearsi con Berlusconi. Tuttavia, non si escludono sorprese, e gli inciuci dietro le quinte sono appena iniziati.
In queste condizioni un nuovo governo non dovrebbe durare a lungo - qualsiasi possa essere la formula scelta, le basi su cui poggia sono troppo deboli sia in Parlamento che nel popolo. Ci si aspettano nuove elezione entro un anno. Con un pò di ottimismo si può sperare in un nuovo inizio: i giovani cacciano i dinosauri, una nuova generazione prende il potere, anche nei partiti tradizionali. La forza dello tsunami potrebbe dare nuovo slancio a tutta la società. Sarebbe un bene per l'Italia.



La moda Italiana salva l'arte

Italiens Mode rettet die Kunst

di Romina Spina
Pubblicato in Svizzera il 6 marzo 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli



Lo stato italiano non ha soldi da destinare alla conservazione dei suoi monumenti celbri in tutto il mondo, tra cui il Colosseo e la Fontana di Trevi che si stanno pian piano sgretolando. A tutela dei tesori culturali però adesso si moltiplicano le iniziative del mondo della moda italiana.
In nessun altro luogo come in Italia, ci sono così tante opere d’arte e tesori culturali. Con i suoi edifici storici e monumenti, il Belpaese è in testa alla classifica delle nazioni con la maggior parte di siti iscritti nel patrimonio mondiale dell'UNESCO. La manutenzione di questo immenso patrimonio sembra tuttavia non essere la priorità per lo stato italiano. Il Ministero della cultura lamenta la mancanza di fondi, per cui non sarebbe possibile reggere il costo degli interventi urgenti di restauro di siti di fama mondiale, come ad esempio gli scavi archeologici di Pompei o il Colosseo di Roma. Oltre ai tagli dei finanziamenti dovuti dalla crisi, la questione riguarda anche la cattiva gestione dei fondi stanziati. La diffusa corruzione e il coinvolgimento della criminalità organizzata intaccano le già scarne risorse.

Gli stilisti italiani ora vogliono prendere di petto la situazione. I marchi che hanno contribuito al successo in tutto il mondo del «Made in Italy» finanzieranno con generose donazioni il restauro dei monumenti che si stanno sbriciolando. L'impresa più recente riguarda il punto di riferimento architettonico della «Dolce Vita», vale a dire la barocca Fontana di Trevi nel centro di Roma. L’opera d’arte la cui costruzione è terminata nel 1762 necessita di urgenti interventi, dopo che l'estate scorsa, alcuni pezzi si sono staccati.
Recentemente, la Maison Fendi ha annunciato che metterà a disposizione 2,5 milioni di euro per il restauro della Fontana di Trevi. Il progetto «Fendi for Fountains» comprende anche il restauro di quattro piccole fontane nella vicina Piazza delle Quattro Fontane. La storia della Maison è strettamente legata alla città di Roma, così Silvia Venturini Fendi ha motivato la sua scelta. Il sindaco Gianni Alemanno ha definito un dono per Roma e per il patrimonio culturale dell'umanità, l’iniziativa della casa di moda, che non sarebbe legata ad alcun tipo di pubblicità, ha assicurato. Solo una piccola e discreta targhetta di metallo applicata alla fontana indicherà gli autori della donazione. La ristrutturazione che durerà 20 mesi, dovrebbe prender il via in questi giorni. Secondo Alemanno, la maggior parte dell’opera d'arte resterà visibile al pubblico durante la riparazione.

Fendi continua così il trend, che Diego della Valle aveva avviato già nel 2011. Il capo del marchio di lusso infatti ha reso disponibili 25 milioni di euro per il restauro del Colosseo. Non sono però mancate reazioni negative ai progetti di della Valle. Alcune organizzazioni dei consumatori hanno portato il caso in tribunale per sospetto di concorrenza sleale in gara d’appalto. Dopo mesi di ritardi, questa settimana il giudice si è espresso a favore dellaprosecuzionee del progetto. Intanto, rimane poco chiaro quando potranno avere inizio i lavori di restauro. Anche nel caso del Colosseo, la generosità del donatore verrà resa nota in maniera non invasiva, vale a direpubblicizzatati sui futuri i biglietti d’ingresso per il monumento.
Nel frattempo l’autorità per la tutela dei beni architettonici di Roma non può che rallegrarsia dei finanziamenti provenienti dall'industria della moda. L’appello di Della Valle agli imprenditori italiani, di dare un contributo alla conservazione della cultura, sembra aver funzionato. Ora, anche a Venezia uno dei simboli collocato nel cuore della città lagunare tornerà allo splendore con l'aiuto di una gloria locale dell’alta moda. Recentemente, lo stilista veneto, Renzo Rosso, che sta dietro l'etichetta Diesel si è impegnato per la riqualificazione del famoso ponte di Rialto, per cui ha intenzione di investire 5 milioni di euro, in cambio la Diesel potrà organizzare a Venezia diversi eventi in grande stile fino al 2015.



05 marzo, 2013

Grillini


Grillen

di Petra Reski
Traduzione di Claudia Marruccelli
04. März 2013



Qua piano piano diventano tutti matti. La settimana scorsa avevo rilasciato a Focus un'intervista con Beppe Grillo che è stata pubblicata lunedì. Ma già sabato mattina, avevo sentito alla radio che la mia intervista, tra l’altro ancora da pubblicare, veniva citata in maniera distorta. Per giunta la stessa notizia falsata la leggevo nella pagina Web di Repubblica.
Per sistemare la cosa, ho scritto quindi una mail, che poi è stata pubblicata sul suo blog, a Beppe Grillo in cui cercavo di ripercorrere in che modo era montata la bufala: "Mi sembra che qui in Italia tutti siano impazziti. La mia intervista per Focus non è ancora stata pubblicata che già, vengono riportate frasi di Beppe Grillo assolutamente non dette.

Questa tecnica mi ricorda un po' il gioco del "Telefono senza fili”. Sul sito di Focus veniva annunciata in maniera sintetica la mia intervista, non tradotta in italiano ma in maniera distorta – traendo le conclusioni anch’esse distorte che aveva appena letto sulla pagina di Repubblica (che poi tra l'altro, sono state eliminate e sostituite da un post aggiornato): "Grillo: OK per la grande coalizione" e ancora: "Ok per un governo, PDL e PD, per una modifica della legge elettorale e misure di austerità". Questa è una bufala".
É il delirio che naturalmente si cela dietro la casta politica italiana e i giornalisti che lavorano per essa, che capovolgono gli esiti delle elezioni degli ultimi vent'anni. Le motivazioni per cui ho trovato impressionante la campagna denigratoria sul M5s da parte dei media tedeschi, le ho scritte in un articolo nel Tagesspiegel.