29 luglio, 2013

Anche i criminali usano la fiducia

Auch Verbrecher brauchen Vertrauen

di Patrick Illinger
Pubblicato in Germania il 10 luglio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli

Collaborazione fidata - non è facile nemmeno nei normali rapporti d’affari. Ma come funziona tra i criminali? Il sociologo Diego Gambetta ha condotto uno studio.



Per 30 anni, un certo Bernardo Provenzano, più conosciuto dalla gente del posto come "u tratturi" - il trattore - , ha vissuto lontano dalla vita pubblica. Ma nel 1992, è successo qualcosa di sorprendente. La famiglia del mafioso siciliano, successivamente divenuto capo di Cosa Nostra, è uscita dalla clandestinità trasferendosi, sotto gli occhi di tutti, nella città natale di Provenzano, Corleone, dove ha iniziato una vita apparentemente normale. Che cosa era accaduto? I familiari di Provenzano avevano rinunciato a tutti i legami con la mafia, per godere finalmente di una pacifica esistenza? O la famiglia ha perso la testa consegnandosi completamente indifesa nelle mani dei clan rivali? Né l’uno né l’altro, dice il sociologo italiano Diego Gambetta, che da anni studia le relazioni tra i criminali. Secondo lui la famiglia di Provenzano è servita come una sorta di garanzia: ecco qui, amici mafiosi, Bernie il trattore non vi tradirà. A garanzia avete la famiglia, dato che ora sapete dove vive.
Secondo Gambetta questa mossa per creare fiducia fu tanto infida quanto efficace. La fiducia tra menti criminali, un argomento complesso sul quale Gambetta, attualmente ricercatore universitario a Oxford, ha riferito lunedì sera alla Fondazione Carl Friedrich von Siemens di Monaco di Baviera.  Con fascino italiano e humor britannico Gambetta ha guidato il pubblico in un viaggio attraverso la sociologia del crimine. L'argomento è stato già affrontato da Socrate secondo cui, anche in una banda di rapinatori e ladri, ci deve essere una sorta di giustizia che tenga uniti i membri nello svolgimento delle attività comuni.  "Come fanno i criminali a fidarsi gli uni degli altri, quali strategie adottano?" chiede Gambetta. Dopo tutto, si tratta di un bene non tangibile, soprattutto se coloro che sono coinvolti sono criminali e non è possibile rivolgersi alla polizia per risolvere le proprie controversie.

La risposta ci conduce innanzitutto nell’ambito della materia del comportamento in cui gli scienziati sondano quei meccanismi che provocano la collaborazione, quel fenomeno per il quale le persone rinunciano a vantaggi nell’immediato per conseguire, per mezzo di un agire comune, un beneficio finale maggiore. In molti esperimenti di laboratorio è stato dimostrato che questo è difficile persino tra persone normali.
Ma senza cooperazione, che si basa di nuovo sulla fiducia, non può funzionare nemmeno nel mondo della malavita, pensa Gambetta: i trafficanti di droga hanno bisogno di produttori e acquirenti, i ladri hanno bisogno di ricettatori, e persino i terroristi hanno bisogno di una rete di conoscenze.
Si può imporre con la violenza o con le intimidazioni, come si è visto in innumerevoli film di gangster. Qui la sociologia del crimine diventa una sorta di meccanica newtoniana: una pressione produce una controspinta, una specie di equilibrio del terrore.
Ma se la violenza è legata a costi e spese, anche il rischio di un’escalation di vendette è grande, come dimostrato in maniera grottesca nelle guerre per la droga che avvengono in Messico.
Pertanto i criminali di successo preferiscono, a meno che non si tratti di psicopatici, meccanismi più efficaci. Così nel parallelogramma delle forze della sociologia del crimine gli ostaggi hanno un ruolo, proprio come nel tardo Medioevo, in cui erano in cui erano addittura usati come oggetto di scambio tra Stati. Se la collaborazione tra i cartelli colombiani della droga e la mafia dovesse consolidarsi intere famiglie emigrerebbero dall’Italia a Medellin, afferma Gambetta.
In generale, la frequenza dei conflitti violenti fra i criminali viene sopravvalutata, avverte: in Sicilia, il tasso complessivo di omicidi è inferiore rispetto a molte altre regioni. Il successo della mafia siciliana risiede tra l’altro nella sua capacità di agire come una sorta di protogoverno che vigila sulle trasgressioni nel rapporto di fiducia, punendole.

Gambetta è in grado di riferire fatti sorprendenti sulla mentalità dei mafiosi avendo egli stesso condotto ricerche per un anno in Palermo. Molti boss sono apparentemente persone modeste, che vanno in giro vestite come contadini col vestito della domenica, consapevoli dei propri limiti di conoscenze, ad esempio in termini di moderna economia aziendale. Anche le biforcazioni nelle attività, conseguenza ad esempio di appalti pubblici pilotati, sarebbero meno elevate di quel che spesso si ritiene, normalmente dal 3 al 5 per cento del totale delle commesse.
Ma nel momento in cui vedono messo in forse il loro potenziale di minaccia, lorsignori non stanno più allo scherzo. Gambetta racconta di un collega canadese al quale furono messi in macchina gli abiti freschi di lavanderia con su un biglietto che riportava la scritta “buon viaggio”. Un messaggio del tutto inequivocabile.
Talvolta scaturiscono forme stabili di cooperazione criminale, anche come sistema che si autoprotegge. Questo è in particolare il caso di opportunità di mercato a lungo termine in cui a tutti i complici è chiaro che anche una sola deroga alla consuetudine significherebbe la disgregazione dell’intero modello affaristico. E così in Bangladesh esiste, racconta Gambetta, una rete di 10.000 ladri e scassinatori i cui informatori partecipano ai saccheggi percependo laute percentuali.

Soggiorno in carcere come referenze

Una lotteria illegale organizzata dalla Camorra è strutturata allo stesso modo: le vincite sono pagate puntualmente per preservare la buona reputazione. Una mentalità simile è riscontrabile anche in ambienti accademici, avverte Gambetta: è prassi consolidata nelle Università italiane che i docenti promuovano gli studenti di altri professori con la legittima aspettativa che i propri studenti vengano trattati allo stesso modo dai propri colleghi. Questo permanente sistema di continui favori reciproci viene mantenuto in essere anche dai docenti che li sostituiranno.
Ma questo tipo di cooperazione poggia su un terreno molto friabile. Se una delle persone coinvolte mette un piede in fallo, le figure che operano nel campo penale devono guardare dall’altra parte e la questione può finire nel nulla. Fondamentalmente, i criminali apprezzano la prova tangibile della fiducia. A questo scopo per esempio è prassi comune che i mafiosi alle prime armi partecipino precocemente ai crimini. "Per un omicidio la mafia impiega sempre molte più persone del necessario", osserva Gambetta. Il motivo è semplice: è più difficile che i complici compaiano come informatori dinanzi alle forze dell’ordine.
Ma nel mondo della criminalità la dimostrazione di gran lunga più apprezzata di essere meritevoli di fiducia è una detenzione in carcere, in fondo è improbabile che un informatore sotto copertura si faccia metter dentro per anni. Chi esce di galera ha, quindi, le migliori referenze.
Funzionava così anche nella Germania degli anni Trenta, dice Gambetta. Allora esistevano i cosiddetti “Ringverein” (circoli criminali), con il suggestivo nome di "Immertreu" (Fedele per sempre) che, se esternamente sembravanbo associazioni di sostegno ad ex detenuti, nella realtà si davano al crimine organizzato e che, diversamente da quanto affermava la propaganda nazista, non furono smantellate totalmente nemmeno sotto il Terzo Reich. Gambetta parla con molta chiarezza di un paradosso che colpisce: è proprio lo Stato con il suo sistema carcerario a costituire, per i criminali, la principale istituzione che infonde fiducia.



26 luglio, 2013

Industria del legno svizzera guarda all'Italia

Bündner Holzbranche blickt nach Italien


di Peter Jankovsky
Pubblicato in Svizzera il 23 luglio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli


Lavorazione del legno a tecnologia avanzata: a Puschlav sta per nascere un centro di formazione che presenta molti punti in comune con l’Italia. Industria del legname del cantone dei Grigioni spera in tal modo in una migliore apertura verso il mercato del Nord Italia.




L’industria delle costruzioni in legno sembra stia vivendo un momento d’oro. Non solo vengono prodotte sempre più case singole, ma crescono anche i grandi complessi residenziali, capannoni industriali e edifici pubblici, che vengono costruiti in gran parte in legno. «Siamo molto avanti nei Grigioni, quando si tratta di strutture innovative in legno», dice Michael Gabathuler, Managing Director della Graubünden Holz, l'organizzazione a cui fanno capo tutte le associazioni che si occupano di industria del legno dei Grigioni, aziende e istituzioni. Il legno in questo cantone di montagna è il pane quotidiano: il Canton dei Grigioni in Svizzera è la regione con la maggior parte di area boschiva, di fatto il 28 per cento della regione cantonale. Il mercato richiede sempre più legno - ma proprio nella «Holzland» dei Grigioni mancano strutture specializzate nella lavorazione. Così, per esempio solo 10 per cento dei tronchi abbattuti nel cantone è stato lavorato in loco nel 2011, dopo che nel dicembre 2010 la grande segheria a Domat/Ems, era fallita. Inoltre, i fornitori esteri attirano i costruttori legno locali con prezzi più bassi dal 20 al 30%. Pertanto, «l’industria del legno dei Grigioni dovrebbe essere più concorrenziale», dice Gabathuler.

Serve più innovazione

La Graubünde Holz ha sviluppato una strategia in proposito: maggiore competitività e valore aggiunto possono essere ottenuti solo se tutti i protagonisti locali del settore forestale e del legno sviluppano un partenariato coerente. Qui anche il trasferimento di conoscenze e la tecnologia svolgono un ruolo importante, perché solo in questo modo si può migliorare il potenziale di innovazione dell'industria del legno.
E’ esattamente qui che poggia il progetto del centro di formazione per la lavorazione del legno nella valle di Puschlav. Questa regione del Canton dei Grigioni di lingua italiana è conosciuta all’estero più come valle degli orsi e dell’industria idroelettrica. L’attuale podestà di Puschlav, il mastro falegname Alessandro della Vedova (cvp.), l'idea di un centro bilingue per la formazione di professionisti nel settore del legname, è stata lanciata quattro anni fa, dice Della Vedova, dal deputato liberale Karl Heiz. Secondo le sue parole, l'intera faccenda ha ricevuto un impulso dopo lo scetticismo iniziale quando l’istituto tecnico per l’industria del legno nel sud-est Svizzera (IBW) assunse la gestione del progetto.
Il progetto del centro di formazione che pone l'attenzione sulla lavorazione del legno con le più recenti tecnologie, è stato velocizzato nel quadro della nuova politica regionale. Nel marzo 2012 è stata fondata la Spa Centro Tecnologíco del Legno SA; a questa si è affiancata la IBW della provincia di Sondrio, la rRgione Lombardia, così come il gruppo SCM, un produttore attivo a livello internazionale di macchine per la lavorazione del legno con sede a Rimini. Il centro dovrebbe aprire aprire le porte alla fine dell’ estate 2014 poco distante dalla stazione ferroviaria di Poschiavo.
«Un centro di eccellenza, come quello previsto nella valle di Puschlav, ancora non esiste in Svizzera, per quello che ne sappiamo», sostiene orgoglioso Paolo Giorgetta dell'Ufficio cantonale per gli affari economici. Secondo Giorgetta, la cooperazione transfrontaliera potrebbe creare da entrambi in confini un’eccedenza economica di valore aggiunto. Infatti, la formazione professionale saranno le esportazioni, spiega IBW direttore Stefan Eccleshall. La motivazione del partner italiano si basa su che il paese ha avuto il non funzionamento, il sistema di formazione orientato alla pratica. Pertanto, sempre più altamente qualificati professionisti erano mancanti della società.

Così anche il lato italiano forte dovrebbe finanziare il centro, i costi di start-up sono media stimata sui 3,7 milioni di franchi svizzeri e il totale di 18 milioni di franchi svizzeri, secondo i cantone dei Grigioni. Ma il SVP Poschiavo aveva forti riserve circa il "progetto rischi inutili", che ha preso con successo il referendum contro il principale contributo di 650 franchi da parte del comune di Poschiavo. Il 9 giugno gli elettori hanno annullato ma chiaramente. Secondo Fulvio Betti, Presidente della SVP Val Poschiavo, l'onere finanziario tra la Svizzera e i partner pubblici italiani è distribuito diversamente. Anche se più della metà degli studenti italiani sarà secondo Betti le autorità italiane non per investimento a contribuire, ma sono limitati ai contributi per le tasse, che non sono più alti per i cittadini. Betti il know-how svizzero chiamato la «vendita».
Mobili in legno esportazione preoccupazioni SVP di lasciare Michael g di legno freddo Grigioni Poschiavo. Mentre Bettis prospettiva grandi aree industriali avrà ulteriormente le dichiarazioni nell'industria del legname e Grigioni sviluppato appena per un europeo "centro legno», l'industria del legno nazionale secondo g può benissimo beneficiare la cooperazione transfrontaliera. Perché la loro rete è diffondere massicciamente su nuovi mercati potenziali nel nord Italia. G ricordare ad esempio i mobili di divisione.
Nord Italia è noto per il buon prodotto design e i cantone dei Grigioni per mestiere. Questi reparti potrebbero essere fusa con il centro di Poschiavo che verrebbe a crearsi nuovi sbocchi per i mobili da Grigioni. -L'industria del legno Bündner looks so via Puschlav speriamo che dopo l'Italia.

16 luglio, 2013

Ponte per l’Europa ovvero porta per l’inferno

Brücke nach Europa, Tor zur Hölle





di Doris Schleich
Pubblicato in Germania l'8 luglio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
L'isola di Lampedusa si trova più vicino all'Africa che alle coste italiane: ogni anno migliaia di profughi osano sfidare il mare approdandovi a bordo di imbarcazioni stracariche e ogni anno circa 1.500 di loro pagano con la vita questo tentativo.

Le notizie di solito svaniscono tra le righe dei titoli dei quotidiani: “Centinaia di profughi sono sbarcati sull'isola italiana di Lampedusa. Dopo un'odissea di più giorni in mare aperto, molte persone mancano ancora all’appello.” Papa Francesco ha enfatizzato questi messaggi nel suo viaggio a Lampedusa. Alla fine di giugno sono morti annegati almeno sette giovani africani nella traversata verso l'Europa - avevano cercato di raggiungere la terra promessa sulla scia di una barca da pesca aggrappati alle gabbie di allevamento dei tonni.

Isola sovraffollata: dove li mettiamo i morti?

La piccola isola di Lampedusa - 200 chilometri a sud della Sicilia, ma distante solo la metà dalla costa tunisina - è abitata da circa 6.000 italiani. Nel campo profughi locale sono arrivati a vivere insieme quasi lo stesso numero di persone - e questo, anche se il campo può ospitare ufficialmente solo circa 850 persone. Soprattutto durante la primavera araba in Tunisia e la guerra civile in Libia approdavano quotidianamente barche sovraffollate. Non tutti sono riusciti a sopravvivere al viaggio. Il cimitero di Lampedusa è da tempo troppo piccolo per tutti i profughi morti.
"Sono il nuovo sindaco di Lampedusa. Sono stata eletta nel maggio 2012 e fino al 3 novembre abbiano recuperato 21 cadaveri di persone che sono annegate nel tentativo di raggiungere Lampedusa” ha dichiarato Giusi Nicolini, riguardo la situazione sull'isola.

Le "Boat People" sono scomode: l’Europa si gira dall’altra parte

Estate 2009: una barca con 82 profughi vaga da 23 giorni nel Mediterraneo. Gergishu Yohannes bianco: suo fratello è a bordo. Ma le autorità italiane e maltesi non fanno nulla per salvare quella gente. I profughi che arrivano dal mare provenienti dall'Africa non sono i benvenuti in Europa. Andare in soccorso di una delle molte barche in pericolo, evidentemente non è del tutto scontato. Sempre più, accade che navi passano davanti a cadaveri di persone talvolta morte in mare per annegamento, o che le autorità si scarichino l’un l’altra le proprie reponsabilità. Durante la guerra civile in Libia, la guardia costiera italiana a volte raccoglieva i profughi per poi rimetterli in rotta verso le coste africane. Una pratica che comunque l’Alta Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha vietato l’anno scorso.

Nodo della discussione con Dublino II: i controversi accordi per i rifugiati

Il governo italiano ha cercato nel corso degli anni di disinnescare la situazione a Lampedusa. Molti profughi del sovraffollato centro di accoglienza dell'isola furono trasportati in altre parti del paese. Ma il problema si è soltanto spostato.

Dublino II: contro lo “shopping dell’asilo"

Dietro il “Regolamento Dublino II”, c’è il timore che i richiedenti asilo possano viaggiare in lungo e largo attraverso l'Europa, fino a quando non hanno trovato uno stato con una normativa di concessione asilo più elastica. Nel 2003, i ministri dell'interno dell'UE hanno pertanto siglato l’attuale convenzione di Dublino del 1990. Da allora, la responsabilità di accogliere un rifugiato non è più di un Paese qualsiasi dell'UE, ma del Paese in cui è entrato per primo. Per ragioni geografiche Italia, Spagna e Grecia sono le più esposte. Un rifugiato che si registra presso le autorità di un altro Paese europeo, ad esempio, per trovare lavoro, può essere respinto senza ulteriore esame nel suo "Paese di origine".
Chi riceve asilo in Italia, ottiene certamente un permesso di lavoro - ma solo pochi riescono anche a ottenere un alloggio. Senza alloggio, però non si trova lavoro - un circolo vizioso. I rifugiati riconosciuti possono viaggiare in altri Paesi europei. Ma le autorità locali devono riesaminare le loro richieste di asilo e possono rispedirli indietro in Italia, dove sono stati registrati per la prima volta come richiedenti asilo. Da anni Italia, Spagna e Grecia criticano il regolamento, dal momento che così rimangono i soli responsabili per la stragrande maggioranza dei profughi africani.



Minacce al ministro Kyenge,

Wenn ich Angst hätte, müssten alle Angst haben

di Constanze Reuscher
Pubblicato in Germania il 21 giugno 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli



“L’Italia non è il Paese del razzismo”, ribadisce Cécile Kyenge instancabile. A tal proposito ha fatto scalpore la minaccia di morte, “Uccidetela!”, apparsa qualche giorno fa su un social network. L’oculista di Castelfranco, cittadina dell’Emilia-Romagna, ricopre da due mesi l’incarico di ministro per l’integrazione del governo guidato da Enrico Letta. Eppure in Italia c’è addirittura a chi dà fastidio questo: la pelle di Cécile Kyenge è scura, il ministro inoltre è nato 48 anni fa nella Repubblica Democratica del Congo, non nella sua nuova patria italiana. “Torna in Congo”, così hanno scritto sui muri i sostenitori di Forza Nuova, partito di estrema destra. Una leghista di Padova ha chiesto su Internet: “Perché nessuno la stupra?”

“Rispondo con il linguaggio della pace”

La Kyenge arriva a piedi all’incontro passando per il centro storico di Roma, questo sembra rendere nervosi solamente i suoi collaboratori. “Non ho paura, questa è la mia forza!” Al linguaggio della violenza rispondo con il mio linguaggio della pace”, dice come incurante dalla tempesta che si è scatenata attorno a lei. “Se io avessi paura, allora dovrebbero avere tutti paura”. Si sbarazza anche della domanda sulla presenza di molte guardie del corpo con lei: “E’ una regola generale, è previsto per ogni ministro”. La Kyenge è la prima politica italiana che si definisce “Ministra”; “è una decisione personale, non è da tutti in Italia”, dice. Tuttavia dietro la sua bassa statura e quel sorriso da ragazzina, quasi timido, si nasconde una Lady di ferro quando si parla dei suoi obiettivi politici. La riforma della cittadinanza italiana è quello che le sta più a cuore. La Kyenge vuole introdurre lo Ius Soli, quel principio secondo il quale ogni cittadino nato sul suolo italiano ha diritto alla cittadinanza.

La gran parte degli immigrati viene dalla Romania

“E’ importante soprattutto per i giovani. La scuola è il luogo di prima integrazione, eppure spesso i figli di immigrati sono esclusi dalle gite di classe perché la burocrazia è lenta”, spiega. La ministra si auspica una nuova cultura dell’integrazione: un nuovo concetto di cittadinanza tale per cui tutti, italiani e immigrati “riconoscano e rispettino i propri diritti e doveri. Dove le differenze non siano un problema, ma una ricchezza”. Questa è la situazione: in Italia oggi, dei 60 milioni di abitanti, 4,5 milioni sono stranieri con regolare permesso di soggiorno. I principali gruppi di immigrati sono rumeni, albanesi e marocchini. Dei 750.000 studenti figli di immigrati, la metà è nata sul suolo italiano. Eppure, società multiculturale oppure Ius Soli sembrano obiettivi lontani quasi irraggiungibili in un Paese dal quale ancora si emigrava fino a qualche anno fa.

Berlusconi definì Obama “Giovane, bello e abbronzato”

Un Paese dove l’immigrazione di massa e il fenomeno dei lavoratori stranieri sono presenti da appena vent’anni e dove l’integrazione è ancora un concetto incerto. Dove in una conferenza stampa pubblica di livello internazionale, l’ex capo del governo Silvio Berlusconi ancora pochi anni fa definiva il neoeletto Presidente degli Stati Uniti Barack Obama “bello giovane e abbronzato”. Amnesty International ha definito “preoccupante” la legge sull’immigrazione, che prevedeva l’espulsione e non integrazione e assistenza, imposta nel 2002 dal nazionalconservatore Gianfranco Fini e dal leader della Lega Nord Umberto Bossi, all’epoca entrambi ministri del governo Berlusconi. Il presidente del Parlamento Europeo Martin Schultz definì il governo Berlusconi “razzista”. L’organizzazione per i diritti umani Human Right Watch ammonì il dibattito politico italiani definendolo “polemico e ostile agli stranieri”. L’odio nei confronti degli stranieri è stato esportato dai tifosi della Lazio, quando nel 2007 l’attaccante del Werder Brema Boubacar Sanogo è stato insultato a suon di grida di scimmia nello WeserStadion. Il razzismo nel calcio italiano trova terreno terribilmente fertile.

Gli spettatori insultano i calciatori di colore.

Nel 2005 il capitano della Lazio Paolo di Canio aveva ringraziato i suoi fans dopo la vittoria del derby contro la Roma con il “saluto romano”, una sorta di saluto di Hitler, mandando in delirio i tifosi. Il calciatore della nazionale Mario Balotelli, ma recentemente anche il giocatore del Milan Kevin-Prince Boateng, subiscono regolarmente cori razzisti. Non senza reazioni da parte di Boateng che è arrivato ad abbandonare il terreno di gioco per protesta durante una partita. In questi giorni un gruppo di africani sono rimasti intrappolati, durante la traversata del Mediterraneo, aggrappati ad una rete da pesca; almeno sette persone sono morte. Anche il soccorso in mare previsto dalla Legge Bossi-Fini non viene più garantito.

Gli africani vengono trattati come schiavi.

Per il centro di accoglienza di Lampedusa, tra Sicilia e Tunisia risulta difficile lasciar cadere nel vuoto il grido di un campo profughi. Nell’agricoltura del Sud Italia, soprattutto per la raccolta estiva dei pomodori, i lavoratori africani vengono trattati come schiavi. Sinti e Rom in Italia sono odiati come in nessun’altro Paese europeo. Il Premier Enrico Letta ha trasformato il Ministero per l’Integrazione, compreso in precedenza nel Ministero per la cooperazione internazionale, in un ministero con una propria responsabilità e sfera di competenza. La Kyenge, impegnata politicamente nell’ambito dell’integrazione in Emilia-Romagna con il Partito Democratico, è diventata così ministra. Prontamente l’europarlamentare della Lega, Matteo Salvini, ha dichiarato: “Solo in Italia può esserci un ministro entrato illegalmente nel Paese”. In realtà il mancato permesso di soggiorno della ministra appena giunta in Italia era un errore della burocrazia italiana. La Kyenge è arrivata dal Congo come studentessa; è cresciuta nella provincia del Katanga con il padre capotribù e 38 fratelli e sorelle.

Kyenge porge la mano ai suoi avversari

Grazie ad una borsa di studio ha potuto trasferirsi a Roma; lì tuttavia non si riuscivano a trovare i documenti necessari – la Kyenge era quindi “clandestina”. Accolta in una missione cattolica in Emilia-Romagna, se l’è cavata come badante, ha sostenuto tutti gli esami ed è diventata medico. Si è sposata, è diventata italiana e ha due figli. Nonostante le critiche e le polemiche la Kyenge vuole porgere la mano ai suoi avversari politici. Il nuovo governo, una grande coalizione, sente il ruolo della neo-ministra come una “chance per superare le differenze, come in un Suq”. Un primo obiettivo lo ha raggiunto. Il leader della Lega Nord, Roberto Maroni, ha dichiarato: “Nel dibattito sulla cittadinanza Ius soli non possono esserci tabù!” Forse perché la ministra ha una ricetta semplice per il superamento delle discriminazioni: “Si trova nella nostra Costituzione. Dobbiamo solo metterla in pratica”.

La Mafia nel piatto

Italien protestiert gegen "Mafia-Speisen" in Wien


Pubblicato in Austria l'8 giugno 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli




L’ambasciata italiana a Vienna ha presentato le sue rimostranze contro il locale viennese “Don Panino”, che propone portate e panini dedicati a diversi mafiosi ed eroi antimafia. Su disposizione del Ministro per gli Affari Esteri Emma Bonino, Sergio Pagano, un incaricato dell’ambasciata italiana a Vienna, in una lettera alle autorità austriache, sottolinea che l’utilizzo dei nomi delle vittime della mafia per scopi di marketing, non solo è “sgradevole, ma anche offensivo” nei confronti di tutte quelle persone che si impegnano quotidianamente nella lotta contro la mafia. Osservazioni ironiche rivolte a vittime illustri nella lotta a Cosa Nostra, come il procuratore Giovanni Falcone e l’attivista antimafia Peppino Impastato, sono inaccettabili e hanno sollevato “forti reazioni negative” nell’opinione pubblica italiana, così come nella comunità italiana di Vienna, ha riferito il Ministero degli Affari Esteri a Roma.

Raccolta firme

La pagina FaceBook “Italiani a Vienna” ha recentemente lanciato una petizione che ha raccolto finora 968 firme, in cui si fa richiesta al locale di modificare i nomi delle portate del suo menu. L’ideatore della campagna, Paolo Federico che vive a Vienna, ha chiesto maggior rispetto per le vittime della mafia. Secondo l’ANSA Federico ha sottolineato che “Non si può usare la mafia per scopi di marketing”, aggiungendo che a Vienna ultimamente sono state inaugurate diverse pizzerie dai nomi che fanno esplicito riferimento alla mafia, tipo “Mafiosi”, “Camorra” e “Al Capone”. “Ci auguriamo che altri geniali imprenditori italiani o austriaci riflettano e agiscano diversamente. Dobbiamo evitare che il concetto di mafia venga utilizzato come marchio e come pubblicità”, così ha dichiarato Federico. L’emittente radiofonica siciliana fondata da Impastato “100 Passi”, che porta avanti impegnative campagne antimafia, ha lanciato una petizione indirizzata al Ministero degli Affari Esteri contro “Don Panino”, 7.300 firme raccolte negli ultimi giorni sulla pagina Web “change.org”. Numerosi commercianti, vittime di estorsione in Sicilia, hanno firmato la petizione. “Un posto così dovrebbe chiudere immediatamente,” ha protestato Nicoletta Scimeca, membro di un’associazione di commercianti impegnati nella lotta contro alla mafia.

05 giugno, 2013

Lotta alla contraffazione del biologico

Krieg gegen die Biofälscher

di Michael Braun e Jost Maurin
Pubblicato in Germania il 20 maggio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli

Sofisticate reti aziendali, discutibili vie di trasporto e ispettori corrotti: bande di professionisti in grado di trasformare merci tradizionali in costosi prodotti biologici.



Anni fa, quando tutto era più tranquillo, le truffe nel settore biologico riguardavano al massimo un singolo coltivatore o un commerciante. Il tutto si riduceva all'utilizzo di piccole quantità di pesticidi nelle coltivazioni, o all'inserimento di qualche uova di quelle tradizionali e a basso costo tra le uova biologiche. Quasi nessuno se ne accorgeva e nel mucchio la quantità non contava più di tanto.
Ma a questo livello i mistificatori di prodotti biologici in Italia esistono molto tempo. Recentemente sono però nate bande di professionisti che operano servendosi di tutta una rete di aziende, dislocate in diversi paesi, dichiarando enormi quantità di merci convenzionali come prodotti biologici. La criminalità organizzata ha raggiunto il settore biologico.
Recentemente nel mese di aprile si è saputo che, la procura della città di Pesaro stava indagando non nei confronti di un unico soggetto, bensì contro 23 presunti soci sospettati di contraffazione. Anche se sono tutti di origine italiana, lavorano però all’estero, nella Repubblica moldava, per esempio, a Malta o in altri paesi dell’Europa occidentale. Tra i sospettati persino il ramo moldavo di un organismo di controllo ecologico italiano, che in realtà dovrebbe sventare le falsificazioni

False certificazioni

Tutta una truffa? No. Nonostante i diversi scandali, il rischio di comprare nei negozi merce biologica contraffatta appare ancora sempre molto basso.
Lo dimostra il più grande caso di frode mai sventato, reso noto nel dicembre 2011: in quattro anni sono state certificate bio circa 500 tonnellate di cibo arrivate in Germania, specialmente soia, il che significa in media 125 tonnellate all’anno. Si tratta solo dello 0,4 per cento del consumo annuo di alimenti di soia, stimato intorno alle 32.000 tonnellate.
E l'ambiente? Oltre ai consumatori, la frode biologica colpisce anche l'ambiente. Gli agricoltori tradizionali fanno uso di pesticidi e fertilizzanti chimici. Questo ha contribuito nell'agricoltura tedesca all’aumento del 13 per cento dei gas serra presenti in Germania. Le sostanze chimiche mettono in pericolo molte specie animali e vegetali. Inoltre, gli standard di benessere degli animali negli allevamenti tradizionali sono particolarmente bassi. Il regolamento dell'Unione Europea per il settore agricolo biologico, vieta le sostanze chimiche in agricoltura e richiede più spazio per i capi di allevamento nelle stalle.
Secondo gli inquirenti gli indagati erano tutti coinvolti nella fornitura di mangime proveniente dalla Moldavia e dall'Ucraina con falsi certificati bio. Per nascondere la provenienza delle merci, utilizzavano una rete di almeno dieci aziende in diversi paesi. La procura ha avviato un procedimento di sequestro di 1.500 tonnellate di mais e 30 tonnellate di soia nel processo su larga scala, denominato "Green War".
Nei casi precedenti, si è trattato di merci non bio prodotte nell’UE e certificate sul posto. "Ora, però il prodotto nasce già come bio in Moldavia, viene certificato sul posto, poi esportato e immesso sul mercato," rivela il procuratore Silvia Cecchi di Pesaro al nostro quotidiano. Questa mistificazione rende ancora più difficile per le autorità scoprire la frode.

Merci falsificate anche in Germania

Per la Cecchi è chiaro: i falsi prodotti bio finiscono anche in Germania. Lo rivela una mail del 28 novembre del Ministero dell'agricoltura di Berlino al ministero di Roma. Oggetto: due certificati rilasciati il 31 ottobre 2012 dall’ente di controllo ICS Biozoo Moldavia, appaiono contraffatti.
"Elementi di contraffazione", così si esprimono gli inquirenti, sarebbero stati accertati da Berlino in questi certificati a partire dall’agosto 2011 all'agosto 2012 e anche in altre certificazioni della Biozoo.
Sotto inchiesta anche l'azienda di importazione Delva con sede a Malta, attiva dal 2012, il cui amministratore, Stefano Detassis, è stato già coinvolto in contraffazioni di merce bio nel più grande scandalo del biologico finora scoperto in Europa. Nel dicembre 2011: l'allora traffico di contraffazioni emerso dalle indagini aveva riguardato un giro di circa 700.000 tonnellate di grano tradizionale e soia fatti passare per purissima merce bio in quattro anni .
Una parte è arrivata anche in Germania. Un anno fa, Detassis aveva patteggiato con la procura di Verona una pena detentiva di tre mesi per falsificazione di una fattura. Ma la pena è stata sospesa con la condizionale e poco tempo dopo Detassis è ritornato a fare affari con il bio.
Il faccendiere italiano sua volta respinge qualsiasi sospetto di pratiche sleali nell'intervista con nostro quotidiano. "Solo due forniture di soia e mais biologico" partite dal porto di Malta, sarebbero state gestite dalla Delva nel 2012, e niente altro sarebbe stato contestato dalle autorità maltesi, che avevano controllato accuratamente la merce.
Non gli va giù che la Delva e lui stesso, siano ancora adesso nel mirino della "Green War" e quindi oggetto di indagini. La sua azienda sarebbe a suo dire assolutamente estranea a tutto ciò. Il procuratore Cecchi non conferma la notizia. Non fa nomi, ma aggiunge in forma riservata che "la Delva e il suo amministratore occupano un certo ruolo nell'inchiesta".

"Criminalità organizzata"

Grandi quantità, flussi internazionali di merci, una complessa rete di aziende, ispettori e noti professionisti corrotti - alla fine si tratta di "criminalità organizzata", così fu definito dal gruppo di lavoro congiunto delle autorità giudiziarie e di polizia tedesche nel 1990. Paolo Carnemolla, Presidente di Federbio, organizzazione che riunisce produttori biologici, trasformatori e distributori in Italia, parla molto semplicemente di "criminalità organizzata", all’opera.
Secondo Carnemolla potrebbero esserci degli strascichi, visto che anche le autorità di vigilanza hanno fallito. I NAS del Ministero dell'agricoltura italiana hanno avuto uno dei dirigenti dell'istituto fino a pochi mesi fa in servizio, attualmente indagato per corruzione in una vicenda diversa. La cosa fa pensare seriamente che si sia trattato di un’azione di ritorsione da parte delle autorità di controllo.
Già nell'estate del 2012, la Federbio si era rivolta al Ministero dell'agricoltura per chiedere alle autorità di indagare su alcune stranezze nell'importazione di mangimi che ora sono sotto indagine. "Al ministero in ogni caso sono rimasti a lungo all’oscuro", dice Carnemolla.
Il ministero italiano tira indietro anche nei chiarimenti. L’Istituto federale tedesco per l’agricoltura e l’alimentazione, stando a quanto dichiarano i funzionari, non ha ricevuto fino ad oggi nessuna conferma da Roma, se la Germania sia coinvolta nell’attuale vicenda. "Incredibile", commenta un portavoce dell'autorità. Il Ministero italiano non ha assuto alcuna presa di posizione in merito.

Coinvolti anche funzionari statali?

Finora non è ancora emerso il sospetto che sia coinvolto lo stesso ministero italiano in questione. In Moldavia e a Malta è diverso. Il responsabile della Federbio Carnemolla trova davvero sorprendente, che i controlli sulle importazione nell'UE, e quindi lo sdoganamento delle merci siano stati effettuati a Malta, dove il business del bio non è così diffuso.
Il procuratore Cecchi va ancora oltre: con le autorità in Moldavia e Malta non ci sarebbe alcuna collaborazione nelle indagini, "non sappiamo di quali interlocutori possiamo fidarci, temiano un coinvolgimento anche delle locali autorità".
Di come consolidate siano le strutture della criminalità organizzata in alcune branche del settore biologico italiano, lo dimostra il fatto che lo scandalo svelato nel 2011 abbia caratteristiche simili. Anche qui, i falsari hanno tessuto una sofisticata rete aziendale. La quantità di merce contraffatta era così grande che avrebbe riempito una fila di camion lunga 507 km. A quel tempo, sono stati arrestati sette responsabili di ditte import/export nonché alcuni enti di controllo. Quattro degli imputati hanno patteggiato con la procura di Verona, una pena detentiva a tre anni di reclusione.
Il responsabile della Delva, De Tassis non è l'unico che lavora ancora oggi nel settore biologico. Davide Scapini nel 2012 è stato condannato a Verona a tre anni in prigione, per aver fatto parte di un'organizzazione criminale. Oggi lavora come come agente di indirizzo per la Mannheimer Biorohstoffändler Krücken Organic Spa. Scapini si occupa di procacciare fornitori biologici nella Repubblica di Moldova, ha detto al nostro quotidiano Martin Köster, resp. del settore commerciale della Krücken . “Scapini ci ha fornito il recapito di tre produttori bio."

Richiesta di divieto dell’esercizio della professione

Probabilmente Scapini percepirà un compenso se l’affare con la Moldavia dovesse andare in porto. Alla domanda se un criminale come Scapini debba ancora collaborare con loro, Köster ha risposto: "Anche Uli Hoeneß [ex calciatore tedesco indagato per frode fiscale ndt] può fornirci altri indirizzi."
Inoltre, Scapini non potrebbe in nessun caso danneggiare la Krücken Organic Spa. "L'uomo non ci ha causato alcun danno commerciale". Esperti del settore come il Managing Director dell’autorità di controllo di Göttingen, Jochen Neuendorff, sono esterrefatti di questa ingenuità. "E’ necessario impedire a queste persone che hanno apertamente violato le regole, di proseguire nell’esercizio della professione” questa è la sfida che lancia.

28 maggio, 2013

Un vascello fantasma a vele ammainate

Ein Geisterschiff mit schlaffen Segeln

di Franz Haas
Pubblicato in Svizzera il 15 maggio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
In Italia, le ultime elezioni hanno irrigidito le posizioni: tre grandi blocchi, all’incirca della stessa dimensione, schierati gli uni contro gli altri, due dei quali ora fanno parte del nuovo governo. Questa pace apparente è costantemente esposta al ricatto di Berlusconi.



La morte la scorsa settimana di Giulio Andreotti, il grande vecchio della politica italiana, astuto democristiano e stratega ineguagliabile, lascia esterrefatti per il suo tempismo perfetto: il democristiano ha trovato la pace eterna subito dopo la formazione del nuovo governo, conclusa la contrattazione per la spartizione degli incarichi ministeriali e l’assunzione delle delle cariche apicali da parte di due ex democristiani, Enrico Letta come capo del governo e Angelino Alfano come suo vice. Anche se l'onnipotente ex Democrazia Cristiana non esiste più, il suo, spettro riporta una vittoria tardiva. Berlusconi, suo erede effettivo ma indegno, se la ride sotto i baffi e risulterebbe di nuovo incomprensibilmente amato, secondo recenti sondaggi.

Compiti difficili
Pur provenendo dallo stesso vivaio politico della DC, i due nuovi leader non potrebbero essere più diversi l’uno dal’altro. Eppure ora presiedono una coalizione che altrove sarebbe stata denominata «Arcobaleno», ma che in Italia viene definita una "grande coalizione", perché così fa più tedesco e assume un tono più solenne. E’ al primo ministro Enrico Letta del Partito Democratico (PD) che tocca l’onere più gravoso in questa impresa incerta. Con i suoi 46 anni, nell’ambiente politico italiano uno sbarbatello, non nega le sue radici politiche cristiane e ormai da tempo si è dimostrato un brillante e prudente socialdemocratico, ricoprendo la sua prima carica di ministro a 32 anni. Egli dovrebbe riuscire a placare gli animi di almeno una parte degli italiani infuriati, dovrebbe portare il paese fuori dalla recessione, allentare le rigorose politiche di austerità, stimolare il consumo e l'economia, e compiere qualche altro miracolo, tra cui quello di impedire la caduta del PD, il suo partito, da cui i suoi sostenitori fuggono a frotte dopo essere stati costretti alla diabolica alleanza con l’impresentabile Berlusconi.
Il compito del vice leader Angelino Alfano, che ora è ministro degli interni, anche lui 42enne, è meno gravoso. Anche lui proveniente dallo schieramento democristiano, è entrato a far parte presto dei devoti di Berlusconi, diventando il Presidente del Popolo della Libertà (PdL), nonché ministro della giustizia e fedele guardia del corpo giuridica del suo Signore. Ora egli ha il compito non troppo oneroso, anche se moralmente ingrato, di proteggere gli interessi di Berlusconi e salvarlo dalla magistratura italiana - anche sotto il nuovo governo.
Funziona esattamente come un ricatto: se il primo ministro Letta suggerisce qualcosa che Berlusconi non gradisce, immediatamente al Parlamento scatta la minaccia di far cadere il governo, essendo il PdL il principale componente. Nelle prime due settimane di vita il governo Letta è stato retoricamente minacciato per ben due volte da questo freno a mano. La prima volta dopo la recente condanna per frode fiscale di Berlusconi, la seconda volta a causa degli strascichi giudiziari che potrebbero derivare dalle accuse di prostituzione minorile e istigazione alla prostituzione mosse al Cavaliere.
Berlusconi, che ha contribuito spudoratamente negli ultimi vent'anni alla rovina del suo paese, arricchendo una numerosa schiera di cortigiani, sostenitori del suo stile di vita e, in maniera impudente, soprattutto se stesso, ora continua a determinare "il bello e il cattivo tempo" nel suo paese. Non stupisce quindi che il vascello fantasma Italia continui ad andare alla deriva a vele ammainate. Ma la colpa non è affatto sua, dato che il vento di poppa gli arriva principalmente dagli errori dei suoi avversari.
Ancora all'inizio di quest'anno, Berlusconi sembrava politicamente finito, ma poi grazie ad una serie di errori dei suoi rivali è riuscito a risalire la china in maniera inquietante, quasi una sorta di risurrezione. Possiamo dire anche quando è avvenuta la svolta, precisamente non molto tempo fa, e Claudio Magris lo ha scritto sul «Corriere della Sera»: era la sera del 10 gennaio, quando lo sconfitto Berlusconi entrò nella tana del leone, il programma «Servizio pubblico» di Michele Santoro, un giornalista che si che si finge un arrabbiato di sinistra. Berlusconi ha ribadito di fronte a una platea di otto milioni di telespettatori le sue audaci promesse elettorali, tra cui l'abolizione dell’IMU e qualche altra arditezza – mentre il conduttore della trasmissione e i suoi accoliti della sinistra restavano lì, ammutoliti come scolaretti.



Un disastro dopo l’altro
Nei mesi seguenti l’Italia è precipitata da un disastro all’altro. Mario Monti ha fatto sicuramente una buona impressione a livello internazionale con il suo governo d'emergenza, tagliando qua e là per risparmiare, ma ha condotto una campagna elettorale da dilettanti, tanto da essere stato preso in considerazione dai moderati del PD solo come partner di coalizione. Il risultato delle elezioni nel mese di febbraio è stato un disastroso triangolo quasi equilatero: scarso il 30 per cento per il PD, quasi quanto per il PdL di Berlusconi, e poco meno quel fuoco fatuo del Movimento Cinque Stelle (M5S) di Beppe Grillo. Potrebbe essere arrivata l'”ora X” per questo comico, il cui «movimento» da allora rappresenta per l’Italia gioia e dolore, croce e speranza.
Le principali richieste del M5S sono piuttosto scontate, alcune di loro sono talmente ragionevoli da apparire quasi banali; meno convincente sembra il loro non ben definito programma, se esaminato nei suoi dettagli; ed è un disastro la tattica di Grillo e del suo popolo di mantenere le distanze da tutti gli altri partiti con cui si siedono ora in Parlamento. Tutti sono indistintamente corrotti e contaminati, questo è quanto ripetono di continuo nei loro comunicati. Nei colloqui per formare un governo, hanno tenuto testa al capo del PD umiliando uno sbiadito Pierluigi Bersani fino a costringerlo alle dimissioni. Così facendo il comico dalla lingua lunga e i suoi rabbiosi parlamentari hanno sprecato le occasioni migliori per l’Italia di sbarazzarsi di Padron Berlusconi.
In quel febbricitante momento di pausa sia il PD che il M5S hanno sbagliato praticamente tutto, al punto da far fallire l’elezione di un nuovo Presidente della Repubblica. Nemmeno su Romano Prodi si sono trovati d'accordo, e così hanno costretto l’ormai anziano Napolitano a prolungare il suo mandato, spingendo Enrico Letta a stringere un patto di governo col diavolo Berlusconi e i suoi seguaci. Letta vorrebbe fare del suo meglio, ma non durerà molto, perché con la sua impresa azzardata subisce attacchi da tutti i fronti, anche dai suoi stessi compagni dell’irritato PD.
Il filosofo Massimo Cacciari fantastica sul modo in cui questo partito andrà avanti. Nella sua rubrica sull’ «Espresso», egli auspica la fine della "politica dell’illusione" (nell’articolo in italiano Cacciari ha usato il termine tedesco “Illusionspolitik”, ndt) e incoraggia due portatori di speranza, l’economista di sinistra Fabrizio Barca e Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che, proveniente dallo schieramento cattolico, non sarebbe la scelta peggiore - e che anche il defunto Andreotti non avrebbe disdegnato.
Anche l'autore Roberto Saviano in un articolo riflette sul suo paese e sul desolato PD; ha recentemente scritto, anche se in maniera molto astratta, di «un'Italia che vuole sognare» o, ancora, «del partito che io sogno». Che un simile sogno sia stato mai d’aiuto, sono soprattutto i giovani compagni a dubitarne, tra le cui fila pare si nascondano alcuni di quelli che hanno occupato molte sedi locali del partito sotto il motto di «Occupy PD», perché non si fidano dell’operato di Letta, giudicando l'alleanza con la destra di Berlusconi solo una combutta, una fittizia «guerra tra bande di arrivati». Questa aspra sentenza potrebbe essere corretta, ma priva di alternative, fintanto che il testardo Beppe Grillo del M5S avrà voce in capitolo. Perché non cambierà nulla con il neo eletto leader del PD, Guglielmo Epifani, uomo mite dei moderati di centro.
Il nepotismo espresso dallo stato tra PD e PDL scaturisce sì da uno stato di emergenza, ma ciononostante non ha inventiva e, oltre al rinnovato consolidamento di Berlusconi, ha anche altri aspetti ripugnanti. Il simbolo tipico della viscidità che si sta estendendo sui partiti italiani è una giovane coppia di intelligenti giovani politici: Lei, Nunzia de Girolamo del PdL, che a difesa di Berlusconi, ha partecipato a numerosi talk show, e ora è diventata ministro dell'agricoltura. Lui, Francesco Boccia del PD, è stato appena confermato a capo della Commissione Parlamentare per i conti. Questo ha spinto il filosofo e traduttore di Kierkegaard Dario Borso, a chiedersi cosa ha da dirsi di notte sotto le lenzuola questa strana coppia.
In tempi in cui la povertà dilaga nell’ex ceto medio, dove sempre più sono in aumento i suicidi per la disperazione e il termometro sociale rischia di precipitare sotto zero, l'Italia ha però ancora altre domande da porsi. Sabato scorso l’atmosfera si è surriscaldata, quando ad una manifestazione sostegno di Berlusconi a Brescia, i suoi esaltati seguaci e i suoi avversari altrettanto infiammati sono arrivati alle mani. La violenza si manifesta ancora principalmente in maniera verbale e simbolica, scritte di vernice spray sui muri o urla nei programmi televisivi, fatta di uomini dalle maniere apparentemente garbate presenti col contagocce nei media tradizionali o di personaggi maleducati che fanno solo propaganda in Internet.

Campagna denigratoria anonima
E’ soprattutto nei social network che imperversa una campagna denigratoria anonima, contro cui il turpiloquio usato nel blog di Beppe Grillo non ha alcun effetto. Sempre più spesso, si tratta di invettive misogine e razziste come quelle contro Cécile Kyenge, nuovo Ministro per l'Integrazione di origine congolese, o minacce contro altre persone esposte, come il giornalista televisivo Enrico Mentana, che è stato costretto a chiudere il suo account Twitter dopo aver ricevuto numerose minacce di morte.
Sparare sui giornalisti era diventato un fatto consueto 40 anni fa, quando iniziò in Italia un periodo di terrore che portò lo Stato a un passo dal collasso mettendolo a rischio di golpe.



„L’Italia non è un paese razzista“


Italien ist kein rassistisches Land
di Paul Kreyner

Pubblicato in Germania il 10 maggio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli

Primo ministro di colore del paese, Cecile Kyenge non si lascia intimidire dagli attacchi su Internet.




C’era da aspettarsi che elementi di estrema destra della Lega Nord e alcuni anonimi provocatori su Internet l’attaccassero. Ma Cécile Kyenge, primo ministro e deputato parlamentare di colore in Italia, non si lascia ingannare: “Sono fenomeni necessari in un paese in evoluzione”. L’Italia, dice la 48enne, è sempre stato “un paese accogliente”. E poi parla della sua regione, l’ Emilia, dove un anno fa due terremoti hanno provocato numerosi senzatetto, costringendoli a vivere in tendopoli. «In quel momento ci siamo ritrovati inevitabilmente tutti insieme”.
Nel nuovo governo italiano la Kyenge è il ministro per l’integrazione e in occasione della sua prima conferenza stampa, quando si è presentata sola e senza portavoce, ovvero colui che dovrebbe filtrare eventuali commenti inadeguati dovuti all’inesperienza, tutti hanno pensato: questa non è una sprovveduta. Fa politica da dieci anni al comune e nella provincia di Modena, dove si occupa dei diritti degli immigrati e delle donne tra le file del Partito Democratico. Definisce la sua attività come un “Assunzione di responsabilità civile.”

“Io sono Italo-congolese e in me convivono due culture”, dice Kyenge. È nata nel 1964 nell’ex Zaire; suo padre aveva quattro mogli e 37 figli. Si è trasferita in Italia nel 1983, perché voleva studiare medicina e l’Università Cattolica di Roma le aveva promesso una borsa di studio. Ma la promessa non fu mantenuta e Kyenge ha dovuto cavarsela da sola. Aiutata da un circolo di donne religiose, Cecyle è riuscita a completare gli studi col massimo dei voti. E siccome all’epoca non era ancora cittadina italiana e non poteva quindi lavorare come oculista, è andata inizialmente in Zimbabwe a lavorare come volontaria.
Ora Kyenge – sposata con un italiano e madre di due figlie – vuole battersi, tra le altre cose, affinché tutti coloro che nascono in Italia possano ottenere la cittadinanza italiana; un desiderio condiviso dal Presidente della Repubblica e dal Partito Democratico.”È possibile modificare la situazione senza troppo baccano”, dice. “Io sono nera, e lo dico con orgoglio” aveva detto durante la sua conferenza stampa. “E noi siamo orgogliosi di averla nel nostro governo” hanno risposto i vertici della coalizione Enrico Letta deil Paritito Democratico e Angelino Alfano del “Popolo della libertà” di Berlusconi – quando sono scoppiate le polemiche su Kyenge. Non era mai successo prima che i due si esprimessero con tale unanimità di pensiero.



02 maggio, 2013

Un uomo giovane della vecchia scuola


Junger Mann und alte Schule

di Nikos Tzermias

Pubblicato in: Svizzera il  28 aprile 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli



Mercoledì al volante della propria auto, una sobria famigliare della Fiat, Enrico Letta ha fatto il suo ingresso al Quirinale per ricevere dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’incarico di formare il governo. Il neo eletto presidente del Consiglio, che l’autore di questo articolo ha avuto l’occasione di incontrare poche sere fa in una macelleria, dove assolutamente inosservato tra il resto della clientela stava acquistando delle cotolette panate per la famiglia. Gianna Fragonara, sua seconda moglie, da cui ha avuto tre figli, probabilmente era troppo impegnata dal lavoro nel suo ufficio della redazione del “Corriere della Sera”.
In un paese come l’Italia, dove i politici circolano su auto di lusso dotate di lampeggianti blu, scortati dagli agenti di scorta o più spesso seguiti dai portaborse, questo colpisce sicuramente. Un ulteriore particolare degno di nota nella famigerata gerontocrazia italiana, consiste nel fatto che Letta ha solo 46 anni. Il politico, nato a Pisa, non possiede certo l’eloquenza carismatica ne’ l’impetuosità tuttavia misurata del suo collega di partito Matteo Renzi, il 38enne sindaco di Firenze.

Letta qui però non veste i panni di avversario elettorale, ma quelli di colui che deve mettere in piedi un governo formato dalla sinistra, dai centristi e dai luogotenenti di Berlusconi. Si tratta, e l’aspetto non mente, di un uomo relativamente giovane, che dopo l’università con modi garbati, una grande onestà e molto zelo si è fatto strada tra le fila dei democristiani per poi sfociare nel Partito Democratico dove ha rivestito la carica di vicesegretario nazionale. Letta fu voluto soprattutto dall’influente economista e più volte ministro Beniamino Andreatta, che ebbe tra i suo studenti anche l’ex presidente del consiglio e della commissione europea Romano Prodi.
Grazie alla cordata, Letta nel 1998 è stato il più giovane ministro italiano del dopoguerra, con competenze in campo europeo. Dal 1999 fino al 2001 è stato anche ministro per l’industria. Letta da sempre considerato dai compagni di partito uno scettico, possiede anche ottime conoscenze politiche ed economiche in campo internazionale, a partire dalla commissione trilaterale all’istituto Aspen, fino al gruppo Bilderberg. Dal 2006 al 2008 ha ricoperto l’incarico di sottosegretario del premier, di fatto il braccio destro di Prodi, stessa funzione che suo zio Gianni Letta, democristiano di destra, ha svolto da sempre per Berlusconi. Non stupisce il fatto quindi che il Cavaliere abbia approvato la nomina del giovane Letta.



19 aprile, 2013

Negozi aperti la domenica, quale convenienza?

Italien: Große leisten sich offene Sonntage

Di Elisabeth Parteli
Pubblicato in Austria il 9 aprile 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli

Il governo Monti ha dato carta bianca per gli orari di apertura dei negozi, ma i piccoli esercizi commerciali sono nella bufera.



A Bolzano i negozi sotto ai portici esistono da sempre, fin dal Medioevo e sono da sempre aperti solo nei giorni feriali, perchè di domenica, la gente preferisce le passeggiate in montagna allo shopping.

Negozi aperti a Pasquetta

Nel corso del tempo l’aspetto di questi portici del centro storico è però fortemente cambiato. I negozietti privati hanno ceduto il posto ai negozi in franchising, a causa degli elevati affitti. "Solo chi ha un negozio di proprietà può permettersi di tenerlo aperto sotto i portici ", dice Maria Stadler, che vende lana e pizzi e ultimamente anche accessori d’arredamento. Ci sono anche commercianti che si sono trasferiti nei vicoli laterali dando in affitto alla grande concorrenza il proprio negozio con la migliore posizione. Conviene di più.
Sono soprattutto questi, i nuovi negozianti dei portici, più di 20 esercizi commerciali che sono rimasti aperti anche il lunedì di Pasqua. Ma, all’ora di pranzo e nel primo pomeriggio, sono pochi i clienti che si aggirano per i negozi. "Soltanto quelli più grandi sono in grado di sostenere gli oneri di questi nuovi orari di apertura" dice la Stadler il giorno seguente, nell’intervista al quotidiano derstandard.at.
A Pasquetta sono solo i bar in piazza Walther ad essere al completo. Chi è rimasto in città, viene qui per il caffè o l’aperitivo e si gode i primi raggi di sole primaverili.

Nessun incremento di incassi

Con i nuovi orari di apertura gli incassi si sono soltanto dilazionati, dice Hedwig Pfitscher della panetteria Franziskaner. Forse la gente non ha più soldi da spendere. A parte ciò il suo negozio non sarebbe in grado di sostenere alla lunga i nuovi orari. In un panificio, non solo ci si alza all’alba per essere la mattina presto dietro al banco, nella notte tra il sabato e la domenica, ovviamente tutti i panettieri dovrebbero essere pagati in straordinario notturno e festivo.
Anche l’orologiaio Dieter Nones lo conferma: gli incassi non aumentano durante il fine settimana. Lo ha sperimentato nel periodo prenatalizio. Da circa 15 anni, quasi tutti i negozi del centro di Bolzano sono aperti ogni domenica di Avvento. Forse in inverno, ci sono un paio clienti in più, dice anche Evelyn Prader, che ha un negozio di bicchieri in una strada laterale nel centro. In estate, però la gente del posto e i turisti preferiscono andare a camminare in montagna o al lago. E in caso di maltempo durante le vacanze è sempre prevista una visita a Ötzi.



Altri incassi nella grande distribuzione

Lei in ogni caso non ha intenzione di tenere aperto nei fine settimana, un paio di domeniche di Avvento sono sufficienti. A questo proposito ha sentito dire da qualche cliente: "Voi commercianti non siete mai contenti. Ora volete sfruttare anche la domenica per fare cassa." Lei no, dice, o per lo meno non ne ha alcuna intenzione e su questo sono tutti d’accordo.
Pfitscher è convinto che la liberalizzazione che consente l’apertura domenicale non durerà a lungo, dati gli elevati costi [di gestione]. Tuttavia, osserva che le grandi distribuzioni hanno altri tipi di incassi: se a Milano o Roma vale la pena tenere aperto, probabilmente questo a Bolzano costerebbe l’incasso di un mese.

Le piccole realtà commerciali sono importanti per la città

Con la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi, il governo Monti intendeva dare un impulso alla traballante economia italiana. Questo intervento ha riguardato principalmente la grande distribuzione. Centri commerciali, supermercati e negozi immediatamente dopo l'entrata in vigore della riforma all'inizio dello scorso anno, hanno annunciato l’apertura tutti i giorni festivi fino alle ore 23.00.Questo dovrebbe attirare più clienti e, secondo l'associazione italiana centri commerciali, creare 300.000 posti di lavoro.
La regione Lazio ha fatto ben altri conti. Pertanto, la liberalizzazione mette a repentaglio fino a 100.000 negozi e 300.000 posti di lavoro. Anche Enrico Rossi, governatore della regione Toscana ha parlato di "un duro colpo per le piccole imprese", o anche di un «dono per il commercio all'ingrosso”, visto che sono i piccoli commercianti ad essere stati particolarmente colpiti dal calo nel consumo.

Dittatura della grande distribuzione

Anche il negozio della Stadler non potrebbe permettersi questo prolungamento degli orari di apertura. Se i piccoli negozi, seguendo la tendenza, a lungo termine saranno in grado di reggere a più ore di apertura, non non è in grado di stabilirlo perché "le grandi catene dettano legge." Circa 15 anni fa, uno [di loro] ha cominciato così, tenendo aperto all’ora di pranzo. Nel frattempo solo pochi negozi fanno l’orario prolungato. Non vale la pena restare aperti durante le ore di pranzo, dice, la maggior parte dei suoi clienti sono casalinghe. Questo naturalmente dipende anche dalla merce.
Anche Nones non tiene aperto in pausa pranzo. Non si vende un Rolex a chi è di passaggio, dice l’orologiaio che vende anche gioielli. La chiusura per pranzo però non dura più come una volta. Se tenesse aperto anche la domenica non avrebbe più tempo per la famiglia visto che gestisce di persona il suo negozio



Sindacati e Chiesa hanno protestato

"La nostra società non dipende dal consumismo e dal turismo, ma da famiglie reali, che devono avere il tempo da dedicare a se stesse," hanno sottolineato anche gli iniziatori di una campagna di protesta organizzata dai sindacati e dalla Chiesa.
"Il consumismo non può essere l'unico modello di convivenza sociale. Pertanto la domenica deve essere difesa nel suo valore", così ha dichiarato il leader della più grande sindacato, la CGIL, Susanna Camusso, l'anno scorso. Le parrocchie della diocesi di Padova hanno annunciato anche una "lista bianca" delle imprese che rispettano la domenica libera.
Al momento, regna comunque una grande confusione, dice Pfitscher. Nessuno sa chi resta aperto, quando aprire, fino a che ora e per quanto tempo. Ogni negozio si regolerà autonomamente.

Nota

Il governo italiano ha liberalizzato gli orari di apertura dei negozi dal 1° gennaio 2012. Fino ad allora, la completa apertura era limitata alla domenica, i giorni festivi e di notte in alcune località turistiche e centri d'arte. In Alto Adige, il decreto è in vigore solo da fine di marzo. La Corte Costituzionale con sentenza n. 38/2013 ha ribaltato l'ordinanza regionale per il commercio, che prevedeva dei vincoli.





18 aprile, 2013

Cervelli in fuga

Gehirne auf der Flucht

di Elisa Britzelmeier
Pubblicato in Germania il 2 aprile 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli per Il Fatto Quotidiano

„Semplicemente non sapevo come andare avanti“: provati dalle conseguenze della crisi economica, sempre più giovani italiani come Giovanni Pagliuca vengono a vivere a Monaco di Baviera. La maggior parte sono laureati, ma non riescono a ad integrarsi.
Giovanni sa che se al bar vuole un caffè italiano, a Monaco deve chiedere un espresso. Ma quando il barista gli chiede se paga subito, sconsolato solleva le spalle – le sue conoscenze del tedesco non sono ancora sufficienti. Pagliuca, ingegnere edile originario di Frosinone, a circa 90 chilometri da Roma, si è trasferito un anno fa in Germania. “Semplicemente non sapevo come tirare avanti” dice.
Ma non è l’unico: dei 22’988 italiani che risiedono a Monaco, sono più di 1000 quelli che nel 2012 sono giunti nella città sull’Isar, la maggior parte dei quali hanno tra i 21 e i 36 anni. Per pochissimi il trasferimento in Germania è la realizzazione di un sogno. Le statistiche della disoccupazione giovanile in Italia parlano di oltre il 30 per cento.


Nel paese, che già prima delle elezioni politiche di febbraio era politicamente instabile, la situazione non è cambiata affatto. Molti giovani italiani hanno paura del futuro. Se restano nel proprio paese, spesso devono accettare un lavoro senza regolare contratto e vivono nella paura di essere licenziati da un momento all’altro. Invece la Germania promette sicurezza e tutela del lavoro.
Di lavori a Monaco ce n’è a sufficienza, ma quello che manca è la sensibilità verso gli immigrati. Molti tedeschi semplicemente non erano a conoscenza di cosa vuol dire vivere in un paese scosso dalla crisi, dicono i giovani italiani. Allo stesso tempo vogliono solo essere accettati per quello che sono, profughi della situazione economica.
L’ingengniere Pagliuca ha lavorato per lo stesso datore di lavoro per molti anni, ma appena la situazione è peggiorata, prima di essere licenziato negli ultimi sei mesi di lavoro non ha percepito lo stipendio . “Una volta che trovi un posto non lo molli certo così su due piedi” dice oggi “non in periodo di crisi”.
Il suo stipendio, quando ancora lo percepiva, era di 900 euro al mese e viveva a casa dei genitori. “Se a trent’anni non sono ancora in grado di andare a vivere da solo, quando potrò avere dei bambini?” dice Pagliuca. A Monaco si mantiene con i suoi risparmi, sta cercando un lavoro e nel frattempo studia il tedesco, grazie all’aiuto dell’ufficio di collocamento. “Non ho mai dato nulla alla Germania, non pago nemmeno le tasse qui, eppure lo stato tedesco mi sta aiutando” dice. “E’ una cosa che mi sorprende molto, in Italia la situazione sarebbe ben diversa”.

La Germania appare a molti universitari italiani il paese della cuccagna economica. Qui arrivano soprattutto laureandi e dottorandi di cui la maggior parte non ha l’intenzione di rientrare in patria. E’ nata così nella lingua italiana l’espressione “Cervelli in fuga”. Fuggono da posti di ricercatori universitari malpagati, dove come sempre quello che conta sono le conoscenze e non le proprie competenze.
“La Germania qui offre decisamente molto di più” dice lo studente Enrico Ercolani, di 29 anni. Nel mese di aprile si trasferirà da Roma a Monaco, dove terminerà la sua tesi di dottorato, e se possibile si stabilirà qui. Non c’è sviluppo nel nostro paese” dice “il sistema politico privilegia sempre le persone di una certa età”.
Giovanni Pagliuca ha scelto Monaco, perchè cercava una città grande, con ampi spazi verdi e poca criminalità. La città lo ha accolto con il suo alto livello qualitativo e infrastrutture funzionanti, ma della tanto decantata “metropoli col cuore”, finora ha ricevuto ben poco. All’inizio gironzolava per la città da solo, poi ha conosciuto un paio di altri italiani. “So che in parte è anche colpa mia, perchè non parlo ancora bene il tedesco” dice. “Ma nessuno si rivolge a me in inglese”.

Anche Roberta Ragonese, 27 anni, che parla correntemente tedesco, dice: “Certo, inizialmente la lingua è un problema. Ma non è tutto. C’è anche la mentalità dei tedeschi”. L’ex docente della Ragonese, aveva inviato l’architetta a Monaco per svolgere del praticantato. E’ rimasta qui. Le sue colleghe di lavoro sono gentili, racconta, “ma non mi invitano mai ad uscire con loro”.
Angela Cancelliere ha 35 anni e vive già da tre anni a Monaco, ma in verità non ha stretto alcuna amicizia tedesca. “Alla fine ti tocca automaticamente uscire con connazionali o altri stranieri, se non vuoi restare da solo”. Spesso i migranti non si sentono compresi, spesso anche trattati dall’alto in basso. “Quando dico che sono siciliana, la prima cosa che sento dire è: ah, la mafia!” dice la Cancelliere. “D’altronde sono come i bambini, che non conoscono ancora bene il significato delle parole. La mafia fa parte della solita triade con il sole e la pizza. Molti tedeschi non sanno che la mafia a casa mia è una realtà che affligge la gente del posto”.
La stessa cosa vale per l’argomento Silvio Berlusconi. Molti giovani italiani hanno la sensazione di dover rispondere all’estero dell’effetto “Cavaliere”. Molti di loro hanno manifestato abbastanza spesso contro di lui in patria. Esigono per se stessi lo stesso rispetto che loro rivolgono per la Germania.
Giovanni Pagliuca non sa se resterà a Monaco di Baviera per sempre, o se deciderà di tornare in Italia. Forse lo aiuterebbe sentirsi appena un po’ più il benvenuto in questo mondo per lui così freddo e poco ospitale, che però considera migliore.







Roma chiama all’ordine

Ordnungsruf in Rom

di Andres Wysling
Pubblicato in Svizzera il
Tradotto da Claudia Marruccelli


Della presunta "ingovernabilità" dell’Italia c'è stato un gran parlare in queste ultime settimane. È la parola sbagliata al posto sbagliato. Non è vero che il paese è ingovernabile. Invece, sono i politici dei principali partiti che sembrano non essere in grado di formare un governo con le attuali maggioranze neoparlamentari dimostrandosi incapaci di governare – cosa ben diversa.



Il Presidente Giorgio Napolitano ha chiesto ora a dieci «saggi», di elaborare un minimo di programma per le riforme istituzionali ed economiche urgenti. Viene da pensare prima di tutto a una nuova legge elettorale, così come alle innovazioni nel campo della fiscalità; si tratta di evitare una crisi finanziaria nel bilancio statale. Su tale minimo di programma, Napolitano vuole – e questa è la sua chiara intenzione – obbligare i partiti a trovare un accordo, per creare un nuovo governo, o in alternativa continuare con l’attualel governo Monti.

È un tentativo di portare alla ribalta della discussione le strategie politiche piuttosto che l’alternanza delle poltrone. Napolitano chiede: cosa dovrebbe o dovrà essere realizzato nei prossimi mesi? Il politici di partito finora hanno per quanto possibile evitato questo problema, nella campagna elettorale non hanno parlato di misure di austerità, ma hanno promesso concessioni fiscali. Napolitano con i suoi «saggi» li ha messi alle strette, devono finalmente mettere le carte in tavola. Ossia darsi una mossa.

Il Presidente italiano non ha ripristinato la monarchia, né si tratta di un colpo di stato, come troppi critici lo hanno a gran voce accusato. Semplicemente esige dai leader di partito che facciano il proprio dovere. Nelle ultime settimane non sono stati in grado di trovare alcuna valida formula di governo, anzi si sono accaniti l’un l’altro in una aspra e logorante battaglia. Hanno solo migliorato in reputazione, ma certamente non hanno dato nessun suggerimento utile per il superamento della crisi economica del paese.

Andare di nuovo alle urne in maniera affrettata difficilmente potrebbe essere d’aiuto nel superamento dell’attuale stallo politico, perché produrre probabilmene ancora un risultato simile a quello delle elezioni di alcune settimane fa. Gli elettori hanno scelto, un Parlamento si è riunito e un governo è stato formato. Il richiamo all’ordine di Napolitano ai leader di partito, di trovare insieme un modus vivendi, è la parola giusta al momento giusto.

06 aprile, 2013

Profughi, ecco come l’italia si disfa di loro

Gute Reise nach Bayern: Wie Italien seine Flüchtlinge los wird

di Von Holger Sabinsky-Wolf
Pubblicato in Germania il 2 aprile 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli per il Fatto Quotidiano




Il governo italiano persegue una rigorosa politica di immigrazione, attualmente stanno chiudendo molte strutture di accoglienza nel paese. Molti profughi arrivano in Baviera dove però li attende una brutta sorpresa.

Il caso più recente risale solo a venerdì scorso: gli investigatori della polizia federale di Rosenheim hanno fermato due autobus da turismo italiani sull’autostrada che porta in Austria. Tra i passeggeri a bordo c’erano sei africani e un iracheno, intenzionati a stabilirsi in Germania e in possesso di regolari documenti rilasciati dalle autorità italiane. Però gli uomini invece di ricevere un caloroso benvenuto, sono stati arrestati e presto dovranno lasciare la Germania.
Cosa c’è dietro questo episodio? L’Italia da anni persegue una politica di asilo particolarmente rigida. Attualmente, i campi profughi sono fase di chiusura in tutto il paese. La gente deve aver capito di essere indesiderata. E l’Italia ora ha trovato un sistema molto efficace per disfarsi dei rifugiati, in maggior parte africani – un sistema per ottenere l’asilo politico per così dire “all’arrabbiata” [in italiano nel testo, ndt].
Il controllo effettuato sull’autostrada austriaca ne è una chiara dimostrazione: persone originariamente giunte in Italia come richiedenti asilo avevano ricevuto dalle autorità italiane il cosiddetto foglio di via e le autorizzazioni per un breve soggiorno nei paesi dell’area Schengen. Così i rifugiati non arrivano privi di mezzi, ricevendo oltretutto una banconota da 500 euro nel corso del tragitto.

Questa è la loro filosofia: 120 casi dall’inizio di marzo

Che non si tratti di un caso isolato ma della loro filosofia, lo dimostrano i numeri dei controlli della polizia federale di Rosenheim. Gli investigatori hanno scoperto altri 120 casi analoghi dall’inizio di marzo. I profughi ottengono i documenti e il denaro ma solo a condizione di lasciare l’Italia, dice il portavoce della polizia federale di Rosenheim, Rainer Scharf.
A quanto pare è una soluzione tipicamente italiana, perché con documenti e denaro sarebbe possibile fondamentalmente solo un breve soggiorno. Perciò il modo in cui procederà la polizia dipenderà esclusivamente da ciò che dichiareranno i rifugiati. In ogni caso con passaporti italiani e fogli di via, in Germania non è consentito soggiornare più a lungo e nemmeno lavorare.

Anche la mafia italiana è un problema


L’atteggiamento degli italiani è uno spinoso problema politico. Dall’inizio della guerra in Libia 28.000 i rifugiati sono arrivati in Italia. Sono stati messi a disposizione anche fondi dell’Ue per il “piano di emergenza” in Nord Africa. Ma il denaro è in parte presumibilmente confluito nei canali della mafia, solo una piccola parte è stata utilizzata per i rifugiati. Dall’inizio di marzo lo stato italiano ha completamente sospeso le procedure per i richiedenti asilo.
Il ministro degli interni bavarese Joachim Herrmann (Csu) ha dichiarato in maniera critica: “Il comportamento del governo italiano volto a spingere i profughi nordafricani illegali a lasciare l’Italia muniti di un permesso di soggiorno breve e 500 euro in mano verso i paesi della zona Schengen, è un insulto. Considero questo comportamento non solidale nei confronti degli altri paesi europei“.
Anziché risolvere semplicemente la sistemazione dei profughi e invitare i residenti a emigrare in altri paesi dell’Ue, Italia dovrebbe rispedire chi non ottiene asilo politico in Italia nel proprio paese d’origine. “Invito il ministro degli esteri Westerwelle, a sollevare la questione a livello europeo“. Il governo italiano ha chiaramente violato il partenariato europeo.

Siete voi che dovete cambiare

Ihr müsst euch ändern
di Dirk Schümer
Tradotto da Claudia Marruccelli per Il Fatto Quotidiano
Pubblicato in Germania il 2 aprile 2013



Il sentimento anti-tedesco, che sta crescendo in Italia è stato avvertito anche dalla cancelliera Merkel in vacanza a Ischia, grazie ad un equivoco videomessaggio.
Benvenuti in Italia! I turisti tedeschi amano sentirsi accogliere dagli amici italiani con questo saluto e in fin dei conti è da secoli che adorano questa terra generosa. Come tradizione vuole, sin dai tempi degli imperatori del Medioevo, a cui si scioglieva il cuore al cospetto dei tesori d’arte italiani, delle bellezze e del clima dolce dell’Italia, anche l'attuale sovrana tedesca come molti altri tedeschi fa una capatina al sud in occasione delle vacanze pasquali. Ma queste vacanze di Angela Merkel, che di solito trascorre nella stazione termale di Ischia, questa volta non sono state turbate solo da un tempo insolitamente freddo e umido, ma anche dalla evidente critica rivolta alla Germania quale partner europeo - una crescente e globale avversione, che si sta diffondendo in Italia dopo gli eccessi anti-tedeschi della Grecia.
Stefano Caldoro, presidente della regione Campania, per accogliere la celebrità in arrivo sull’isola ha mandato in rete in internet un videomessaggio, "per portare il mio saluto alla Cancelliera Merkel", che non è passato inosservato. Sottotitolato in un elegante, quasi perfetto tedesco, l’alleato di Silvio Berlusconi si lancia in una proposta di benvenuto alla cancelliera: sfruttare al meglio le sue meritate vacanze anche "visitando certi problematici quartieri della nostra regione", dove esiste un tasso di disoccupazione giovanile dieci volte più alto rispetto alla Germania. Siamo al limite della frattura sociale; è compito della Germania, in qualità di "paese forte", cambiare la politica di austerità e di risparmio per ridare nuovamente la speranza ai poveri napoletani. Perché: "la Germania trae benefici dalla crisi degli altri".

Cercasi disperatamente capro espiatorio


Ora la cancelliera tedesca, che come se non bastasse a peggiorare le cose è anche stata fotografata in costume da bagno alle Terme di Aphrodite di Ischia, poteva appellarsi al suo diritto alla privacy e a una vacanza privata lontana dagli impegni politici. Non si è fatta portare sull'isola con l'elicottero, come fanno di solito i vari ministri italiani, ma ha preso pazientemente il traghetto, ha pranzato a casa di un cuoco amico di lunga data, che è stato assunto del suo albergo preferito - questi sono gesti che gli italiani non si aspettano dalla donna più potente del mondo. Ciò che invece si aspettano, e lo ha scritto il presidente regionale Caldoro nel testo del video: " E’ soprattutto che la Germania risponda alla crisi."
Ora questo politico non è uno qualunque. Ha militato sin da ragazzo prevalentemente nel leggendario partito socialista, formazione politica nota per il suo fallimento e sperpero di denaro pubblico il cui patron, Bettino Craxi, per evitare di essere perseguito penalmente si trasferì in Tunisia con un patrimonio milionario. Il mentore di Caldoro, Gianni de Michelis era noto non solo per i suoi discutibili festini in discoteca e per le nottate in albergo (spesso con fatture non pagate), ma è stato condannato anche a due anni di prigione per corruzione, pena che non ha dovuto scontare. E Berlusconi l’attuale patron politico di Caldoro, sta facendo di tutto per sfuggire alla legge restando al governo. Mentre la disoccupazione giovanile aumentata ancora a ritmi vertiginosi, l’elite politica, che fin’ora ha fallito, si compiace in normali scaramucce da retrobottega e allegramente guida [il paese] verso il baratro. Meno male, che c'è la Germania che fa da capro espiatorio!

Manovra diversiva del proprio fallimento
A chi come Stefano Caldoro, che lavora per la banda di Berlusconi, che per decenni ha guadagnato profumatamente nell’economia italiana basata sul clientelismo e che ha collaborato alle sorprendenti uscite antitedesche di Berlusconi nell'ultima campagna elettorale, gli riesce facile ora naturalmente mettere elegantemente sul banco degli imputati l’ospite in vacanza Angela Merkel. "Non si dimentichi delle persone nei guai!". Sarebbe da aggiungere: quando i politici italiani normalmente non si preoccupano di nulla...
Nella "surreale fine del mio mandato", come ha dichiarato il Presidente della Repubblica uscente Napolitano e nella completa ingovernabilità dell’Italia, un paese in crisi, dopo che la classe politica ha reiterato nel suo fallimento, ora "dieci saggi" - tutti vecchi esponenti del sistema – dovrebbero esplorare la possibilità della creazione di una almeno rudimentale maggioranza di governo, o comunque una nuova legge elettorale. Delle a lungo promesse misure di austerità ai politici professionisti strapagati – per non parlare dell’attuale depravato presidente della regione Campania - naturalmente non se ne parla più.


19 marzo, 2013

Un papa di origini italiane incanta i romani

Papst mit italienischen Wurzeln bezaubert die Römer

di Romina Spina
Pubblicato in Svizzera il 15 marzo 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
L’inaspettata elezione a Papa del cardinale argentino Bergoglio, entusiasma i romani. La scelta del nome e la prima apparizione [in pubblico] del nuovo capo della Chiesa con radici italiane incontrano largo favore.



«Il Papa è qui?», chiede una pensionata, tenendo ben stretta sotto il braccio una copia del quotidiano cattolico «L'Avvenire». Abita nelle vicinanze e ha sentito alla televisione che il neo-eletto pontefice è venuto in visita nella basilica. La sua delusione è grande, quando un venditore ambulante indiano le dice che Papa Francesco ha già lasciato la Basilica di Santa Maria Maggiore, nel centro di Roma.

Meglio non un italiano
Dopo la sua elezione a sorpresa, il nuovo capo della Chiesa si è recato nelle prime ore del mattino al colle Esquilino nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, per pregare di fronte all’immagine "Salus Populi Romani», un'icona di Maria con il bambino, protettrice del popolo romano, considerata la più importante icona mariana a Roma. Il gesto spontaneo di Papa Francesco ha colpito dozzine di romani che avevano atteso invano all'ingresso della Cappella il neoletetto capo della Chiesa. Gli intervistati sulla Piazza della Basilica si dicono entusiasti del nuovo Papa, affascinati dall'aspetto umile del cardinale argentino. "E’ molto alla mano e ha conquistato tutti" dice una studentessa. Le parole semplici e i modi affettuosi con cui il Papa si è mostrato per la prima volta al mondo, l’hanno commossa.
Il fatto che il successore di Benedetto XVI non sia un italiano, non sembra aver deluso nessuno. Alcuni sono dell’opinione che un alto prelato italiano come Angelo Scola, a lungo considerato favorito, sarebbe stata probabilmente la scelta sbagliata. «Il mondo poi avrebbe pensato che gli italiani volevano tornare al potere con qualche escamotage», dice Antonio 45 anni, che gestisce un piccolo negozio lì vicino. Anche Gianmarco è d’accordo che è meglio che i cardinali abbiano eletto un candidato d’oltreoceano. Sicuramente sa ben poco del nuovo papa Francesco anche se il suo calore e umiltà lo hanno positivamente sorpreso. L'informatico pensa che l’argentino potrà dare il via a una nuova fase per la Chiesa del mondo. L'atteggiamento cosmopolita volto ad un cambiamento, probabilmente mancava a un Papa italiano.

Nome fortemente simbolico
Molti degli intervistati romani sono ovviamente contenti che il nuovo Papa abbia radici italiane. La famiglia Bergoglio proviene da un paesino del Piemonte, dove giovedì ha avuto luogo una grande celebrazione in onore di Francesco 1. Per i Romani, la biografia del Pontefice incontra grande rispetto perché, da un lato testimonia la sua esperienza di figlio di una famiglia di immigrati in Argentina, dall’altro il suo successivo impegno al servizio dei poveri e dei malati. Per lui, questa è una prova della sua umanità, dice il 66enne Francesco. Come gli altri intervistati, anche questo pensionato considera il nome del Papa di grande impatto. Non si considera particolarmente devoto, ma il fatto che il massimo capo della Chiesa abbia assunto il nome di San Francesco d'Assisi, lo ha molto commosso, dice.
Anche Alemanno il sindaco di Roma ha espresso apprezzamento per il nome del nuovo Papa. Nell’epoca della globalizzazione, Francesco era il nome giusto per ritrovare i valori perduti. «A Roma si avverte un clima di speranza», Alemanno ha detto in un'intervista. Il Pontefice ha conquistato i cuori dei Romani con poche parole e gesti.
Accanto all’euforia, tuttavia gli intervistati sulla Piazza sono, consapevoli che il 76enne Francesco si assume un compito difficile. Le aspettative sono alte. Molti sono alla ricerca di un nuovo inizio e affrontare finalmente la questione degli scandali in Vaticano. C’è bisogno di trasparenza per ripristinare la fiducia della gente nella leadership della Chiesa cattolica. Non si sa se il nuovo Papa sarà impegnato in questa faccenda. "Probabilmente non dipende da lui. Le sue decisioni non passano certo per la Curia», dice un giovane sacerdote.